Gruppo Italiano Porfiria (GrIP)

La prof.ssa Maria Domenica Cappellini: “La mancata diagnosi può avere conseguenze fatali”

Milano – Come ogni anno, dal 18 al 25 aprile, è stata celebrata a livello internazionale la Porphyria Awareness Week, la settimana di sensibilizzazione sui temi delle porfirie, un gruppo di rare malattie ereditarie. All'iniziativa, promossa dall'American Foundation for Porphyria, hanno aderito associazioni e gruppi di studio in tutto il mondo, con lo scopo di far conoscere sempre più queste patologie. Nel nostro Paese, anche in un momento così critico per il Servizio Sanitario Nazionale a causa dell’emergenza COVID-19, i professionisti del Gruppo Italiano Porfiria (GrIP) hanno voluto testimoniare la loro adesione alla campagna informativa, con il collage di foto che vedete qui a lato. Presidente del GrIP è la prof.ssa Maria Domenica Cappellini, docente di Medicina Interna all'Università degli Studi di Milano.

Professoressa, cosa sono le porfirie e perché sono così importanti iniziative di questo tipo?

“Le porfirie sono dovute al deficit parziale di uno o più enzimi della via biosintetica dell'eme, elemento essenziale per la vita. Questo causa un rallentamento di una sorta di catena di montaggio che determina l'accumulo di precursori dell'eme, che sono tossici e causano quadri clinici con sintomi e segni di diversa gravità. Purtroppo sono patologie poco conosciute, in parte per la loro rarità, per cui la diagnosi è spesso fatta in ritardo o addirittura non fatta, con conseguenze talvolta fatali. Lo scopo dell’Awareness Week, anche se in un momento particolarmente difficile, è di aumentare sia le conoscenze scientifiche e cliniche, sia la sensibilità degli operatori sanitari e dei pazienti riguardo queste patologie”.

Come è nato il Gruppo Italiano Porfiria e quali sono i suoi obiettivi?

“Il Gruppo Italiano Porfiria, creato qualche anno fa su iniziativa di alcuni esperti della malattia, riunisce medici e biologi di comprovata esperienza nella sua diagnosi e gestione. L’obiettivo principale è quello di condividere le esperienze, le conoscenze e le casistiche dei diversi centri di riferimento presenti sul territorio nazionale, al fine di promuovere il progresso e l’aggiornamento scientifico nel campo delle porfirie. Il GrIP, in particolare, definisce protocolli diagnostici e terapeutici condivisi e progetti comuni di ricerca scientifica, e si propone come riferimento per i colleghi che si trovano a gestire pazienti affetti da queste rare e complesse malattie. Contribuisce inoltre ad attività formative, tramite iniziative di informazione e aggiornamento sulle problematiche legate a queste condizioni, estese a tutto il territorio nazionale. Ciò include anche la disponibilità al confronto e alla condivisione delle metodiche analitiche necessarie alla diagnostica con i laboratori operanti nel settore. Il GrIP mantiene ovviamente rapporti con le associazioni di pazienti per condividere iniziative comuni e supporto socio-sanitario, e nel settembre scorso, a Milano, ha organizzato un congresso internazionale – l'ICPP 2019 – che ha visto la partecipazione di esperti da tutto il mondo”.

Le porfirie possono essere acute o croniche: quali sono le differenze fra questi gruppi di malattia?

“La distinzione tra forme acute e croniche è una delle modalità per classificare le porfirie, basata soprattutto sulla modalità di presentazione. Le forme croniche sono prevalentemente ad interessamento cutaneo in quanto i precursori tossici dell’eme si accumulano in genere a livello cutaneo, determinando infiammazione e lesioni della cute a seguito dell’esposizione alla luce, in particolare al sole. Questo comporta un impatto enorme sulla qualità di vita dei pazienti, che sono costretti ad adottare tutte le forme di protezione possibili. Attualmente è disponibile una terapia che, seppur non risolutiva, può mitigare i sintomi. Le forme acute, tra cui la più nota è la porfiria acuta intermittente (AIP), sono molto più temibili in quanto si presentano con attacchi viscerali che, se non riconosciuti e trattati adeguatamente, possono essere fatali. Queste forme, in genere, si presentano con sintomi quali dolore addominale, nausea, vomito, parestesie, disturbi comportamentali; tutti sintomi che purtroppo, in prima istanza, possono essere attribuiti ad altre cause, ritardare la diagnosi e di conseguenza una idonea terapia. Fino ad oggi, le terapie disponibili sono state in gran parte efficaci sui sintomi, ma non curative della malattia. Attualmente è in fase di registrazione un farmaco, basato su principi di biologia molecolare, che sembra essere molto promettente per la cura dei pazienti affetti da AIP”.

Quali sono le principali esigenze dei pazienti affetti da porfiria?

“Si tratta di pazienti che spesso devono affrontare anni di malattia senza una diagnosi, quindi la prima esigenza è quella di avere una diagnosi corretta e di poter interagire con medici che conoscono la patologia e sanno come affrontare le diverse problematiche cliniche che si presentano. Per questo è estremamente importante che ci sia una rete di centri di riferimento, possibilmente regionali, a cui potersi appoggiare per la cura e il follow-up. Per la tipologia della loro condizione, i pazienti hanno bisogno di sentirsi ascoltati e riconosciuti in modo adeguato: perciò sono molto importanti anche le associazioni di pazienti, per la condivisione e il supporto reciproco”.

Quale è stato l'impatto dell'epidemia di Coronavirus sulla vita dei pazienti? Ci sono state delle criticità?

“Questa epidemia ha turbato la vita di tutti, ma certamente i pazienti affetti da patologie croniche sembrano essere più vulnerabili, e quindi il primo consiglio è quello di essere molto rigorosi nell’applicare le misure di protezione. Al momento non ci sono dati a sostegno del fatto che i pazienti affetti da porfiria siano stati colpiti di più o in modo più severo dal virus. È però da segnalare, come considerazione generale riguardante tutte le persone affette da malattie rare ereditarie, che i pazienti stessi, sapendo di essere più fragili, si sono auto-regolati con un forte senso di responsabilità e di protezione, applicando tutte le misure di sicurezza. Come GrIP, durante la pandemia, abbiamo dato i riferimenti e la disponibilità dei centri per eventuali necessità o richiesta di pareri”.

La prof.ssa Cappellini è da tempo disponibile a rispondere ai dubbi dei pazienti affetti da porfiria all'interno del servizio gratuito di OMaR “L'esperto risponde”. 

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