Un apposito comitato di esperti dell’EMA ha espresso alcuni dubbi sui dati clinici del farmaco ma si spera che lo stop nel percorso di approvazione sia solo momentaneo
Lo scorso aprile, durante il meeting annuale della North American Neuro-Opthalmology Society, sono stati presentati i risultati aggiornati di efficacia e sicurezza di lenadogene nolparvovec, terapia genica sviluppata per il trattamento della neuropatia ottica ereditaria di Leber (LHON) correlata a mutazione del gene mitocondriale ND4 (MT-ND4). Essendo stato annunciato un miglioramento dell’acuità visiva nei pazienti trattati, ci si aspettava che l’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) si pronunciasse in maniera favorevole relativamente all’immissione in commercio del farmaco, ma non è andata così: il Comitato per le Terapie Avanzate (CAT) dell’EMA ha infatti espresso un parere negativo e l’azienda produttrice ha deciso di ritirare il dossier della domanda di autorizzazione della terapia.
La neuropatia ottica ereditaria di Leber (LHON) è una malattia neurodegenerativa mitocondriale, che dipende, cioè, dal DNA contenuto nei mitocondri e non da quello presente nel nucleo delle cellule. La mutazione del gene ND4, che colpisce le cellule ganglionari, causa la perdita bilaterale della vista entro i 30 anni. Le manifestazioni cliniche della patologia sono però variabili: alcuni pazienti sono quasi del tutto ciechi, mentre altri mantengono una minima capacità di visione. In Italia, così come in altri Paesi, le persone affette da LHON possono ricorrere a un farmaco già approvato, l’idebenone, ma la ricerca sta vagliando altre potenziali possibilità di trattamento.
Lenadogene nolparvovec è una terapia genica, sviluppata dalla biotech GenSight Biologics, che si basa su un approccio chiamato “espressione allotopica” e studiato come potenziale strategia nel caso di malattie mitocondriali come la LHON. In poche parole, significa che la proteina di interesse, cioè quella codificata dal DNA mitocondriale ND4, viene ricodificata per essere espressa nel nucleo della cellula, dove viene elaborata, tradotta nel citoplasma e, infine, importata nei mitocondri, dove può esplicare la sua funzione.
Lo studio clinico su lenadogene nolparvovec, i cui dati sono stati inseriti nel dossier presentato all’EMA, è stato ideato in modo da trattare un solo occhio con la terapia genica sperimentale e l’altro con l’idebenone, in modo da usare quest’ultimo occhio come controllo. Dalla sperimentazione è emerso un risultato inatteso che è stato il principale motivo del parere negativo da parte del CAT: il miglioramento dell’acuità visiva è stato rilevato in entrambi gli occhi, pur avendone sottoposto solo uno alla terapia genica. A questo punto, il Comitato dell’EMA ha constatato che l’endpoint primario dello studio - inteso come differenza tra l’occhio trattato e non trattato - non aveva raggiunto la significatività statistica, sollevando dubbi sull’efficacia clinica di lenadogene nolparvovec.
Un secondo punto oggetto di dibattito ha riguardato i dati ottenuti dai pazienti trattati tardivamente (ossia tra i 6 e i 12 mesi dopo la diagnosi di malattia) rispetto a quelli trattati precocemente (da 0 a 6 mesi dalla diagnosi). Nella sperimentazione, infatti, i risultati migliori sono stati evidenziati nei pazienti trattati tardivamente: una tendenza paradossale in confronto a ciò che normalmente avviene con l’impiego di una terapia genica, ma che può essere spiegato da una serie di fattori clinici e fisiopatologici.
Di fronte a queste perplessità, e alla necessità di chiarire altri dubbi scientifici riguardanti la terapia, il CAT europeo ha espresso il proprio parere negativo e l’azienda produttrice, per non rischiare la bocciatura ufficiale da parte del Comitato per i Medicinali per Uso Umano (CHMP) della stessa EMA, ha ritirato il dossier per la richiesta di approvazione del farmaco.
L’obiettivo resta comunque quello di portare la terapia genica lenadogene nolparvovec sul mercato europeo: per questo motivo, GenSight continuerà a lavorare sul dossier del farmaco, realizzando un nuovo studio clinico che possa rispondere ai dubbi e alle perplessità espressi dal CAT e che consenta ai pazienti europei con LHON di accedere a un trattamento sicuro ed efficace.
Per maggiori informazioni leggi l’articolo di approfondimento realizzato da Osservatorio Terapie Avanzate, con le interviste al prof. Valerio Carelli e alla dott.ssa Chiara La Morgia, dell’IRCCS Istituto delle Scienze Neurologiche (ISNB), Ospedale Bellaria - Università degli Studi di Bologna.
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