Al San Raffaele seguite circa 150 famiglie con la patologia genetica. L'Intervista al Dr. Pietro Barboni, Consultant neuro-ophthalmologist, IRCCS San Raffaele Milano e studio oculistico D’Azeglio (Bologna)
"La diagnosi è difficile, arriva spesso dopo mesi e una prima diagnosi errata di neurite ottica, che però non migliora nonostante la terapia". Stiamo parlando della neuropatia ottica di Leber, meglio nota come LHON, patologia rara mitocondriale che causa la degenerazione del nervo ottico e la perdita improvvisa della vista. Durante il corso di formazione organizzato dall'Omar Informazione e Salute. Patologie non evidenti e cronaca giornalistica: l caso della LHON e di altre malattie rare, svoltosi giovedì scorso presso il S. Raffaele di Milano, il Dr. Pietro Barboni ha spiegato ai molti giornalisti intervenuti quanto è difficile diagnosticare la LHON.
La Neuropatia Ottica Ereditaria di Leber (LHON) è una malattia rara, ereditaria, ad esordio acuto e decorso rapidamente progressivo e invalidante. Come si manifesta questa malattia?
La LHON si manifesta con una perdita improvvisa di campo visivo che in genere colpisce prima un solo occhio ma che, nel giro di giorni, solitamente un mese, si estende anche al secondo occhio. Chi ne è colpito vede all’improvviso una macchia bianca o nera al centro del campo visivo. All’inizio questa può creare un problema solo nel vedere i dettagli ma in poco tempo la macchia si allarga e la visione peggiora lasciando solo una capacità residua di riconoscere i contorni. In genere si arriva al periodo peggiore dopo 3 – 6 mesi dall’insorgenza. In questa fase si può arrivare alla cecità legale, con impossibilità di leggere, scrivere, guardare la tv, guidare, riconoscere le persone a meno che non si sia molto vicini: questo non vuol dire però che le persone con LHON vedano ‘tutto nero o tutto bianco’. A volte dopo un anno o due è possibile che si registri un miglioramento, ma in genere non c’è mai un recupero completo: il paziente riuscirà ad uscire da solo, fare la spesa, trovare gli oggetti di cui ha bisogno, ma a fatica riuscirà a leggere, scrivere, seguire delle lezioni alla lavagna. E’ evidente dunque come la malattia sia molto invalidante, anche perché, soprattutto nei maschi, si presenta nel pieno della vita.
La LHON infatti può insorgere a qualsiasi età, però il picco si ha nei maschi tra i 15 e i 35 anni e crea difficoltà nel proseguimento degli studi, nel lavoro e nella vita sociale. Nelle donne invece è più frequente che si manifesti dopo l’arrivo della menopausa.
E’ una malattia rara, ci sono numeri precisi?
Dare numeri esatti è davvero difficile, ci sono pochissimi studi epidemiologici e vi è certamente anche un problema di sottostima perché la diagnosi è molto difficile. In base ad un lavoro svolto a Newcastle, in Inghilterra, si parla di un’incidenza di 1 caso su 100.000, ma in realtà i casi potrebbero essere anche molti di più, anche di 1 su 30.000. Queste stime le possiamo utilizzare anche per quanto riguarda l’Italia perché non è stata evidenziata una diversa distribuzione della malattia in base a luoghi geografici o alle diverse etnie.
Il mio gruppo, tra il San Raffaele di Milano e l’Ospedale Bellaria di Bologna, registra circa 4 – 5 nuovi casi l’anno, che sono molto probabilmente la maggioranza dei casi diagnosticati, stiamo dunque parlando di una malattia ultra rara. Attualmente seguiamo 150 famiglie con LHON: in alcune di queste la malattia magari si è presentata in una sola persona in altre anche in molti casi. Dare numeri precisi è impossibile, anche perché non c’è uno specifico registro per la LHON in Italia.
La LHON è ereditaria, di che tipo di trasmissione stiamo parlando? L’ereditarietà non dovrebbe facilitare la diagnosi?
Per questa patologia sono state individuate diverse mutazioni genetiche, tutte vengono trasmesse dalla madre ai figli, di entrambe i sessi. Ereditare la mutazione, però, non significa automaticamente sviluppare la LHON: quella che si eredita è la predisposizione a sviluppare la LHON in presenza di fattori scatenanti.
Le madri che trasmettono la malattia possono non svilupparla mai, e può essere che questa non si sia mai manifestata in famiglia in precedenza, per questo l’ereditarietà non sempre aiuta la diagnosi.
Quello che sappiamo è che, nella maggioranza dei casi, se la mutazione viene ereditata da un figlio maschio le possibilità che la malattia si manifesti sono 5 volte superiori che nelle figlie femmine (rapporto maschi/femmine è di 5/1).
E quali sono i fattori scatenanti che possono portare allo sviluppo della LHON?
I fattori individuati fino ad ora sono il fumo, sia quello del tabacco che anche il fumo prodotto dai camini, alcuni farmaci che hanno effetto ossidante, come certi antibiotici e gli antiretrovirali, l’uso di droghe, l’esposizione a fumi tossici di solventi e vernici, e in questo senso la LHON è conosciuta come una malattia professionale per chi lavora in certe aziende chimiche. Lo stress invece non sembra essere un fattore scatenante. Sia chiaro però che non bastano questi fattori a scatenare la LHON, è sempre necessario che alla base ci sia la mutazione genetica che predisponga alla patologia.
Ha detto che la malattia è di difficile diagnosi, perché? Che percorso compie il paziente prima di dare un nome ai suoi problemi di vista?
La diagnosi non è semplice e quasi sempre arriva in ritardo. Quando si manifesta la macchia nel campo visivo in genere i pazienti – quelli che non conoscono la familiarità con la malattia – vanno al pronto soccorso oftalmico oppure dall’oculista, che in genere lo rimanda al neurologo. La LHON è una malattia molto rara, poco conosciuta e poco studiata, è davvero difficile che in questa prima fase venga sospettata. Spesso invece ci si orienta verso una malattia che ha sintomi di esordio quasi uguali, la neurite ottica, che in genere si associa alla sclerosi multipla ed è di tipo infiammatorio. In questi casi al paziente viene data una terapia a base di cortisone: la LHON con una terapia del genere non migliora e in un paio di mesi la malattia colpisce entrambe gli occhi e peggiora. E’ a questo punto che si pensa ad una malattia diversa e i pazienti arrivano da noi, in genere hanno già perso dai 2 ai 4 mesi dai primi sintomi se va bene. Cominciare presto le attuali terapie è importante, ma una diagnosi precoce sarà ancora più importante in futuro, soprattutto se si renderà disponibile la terapia genica, già in corso di studio. Per il futuro ci auguriamo una integrazione tre la terapia a base di antiossidanti, che abbiamo già a disposizione ora e la terapia genica.
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