Una diagnosi ardua, un lungo percorso ad ostacoli. Poi la terapia e il ritorno alla vita, e le speranze nonostante le difficoltà.
Promossa, lunedì scorso, un’interrogazione parlamentare sulla patologia
Una diagnosi difficile e una terapia incerta. L’ago della bussola per muoversi nella palude delle malattie polmonari da micobatteri non tubercolari (NTM-LD) è attratto dal polo magnetico delle difficoltà diagnostiche e dell’incertezza terapeutica. Ed è pleonastico aggiungere che questo spaventa i pazienti che, come Roberta (nome di fantasia), sono costretti a muoversi alla cieca, nel costante dubbio sulle loro condizioni di salute e, soprattutto, sulle possibilità di guarigione.
Roberta ha iniziato ad accusare problemi polmonari nel 2009, manifestando il sintomo più classico della malattia, una tosse persistente con abbondante produzione di muco che, specie quando rimaneva sdraiata in posizione supina, non le dava tregua. Da tempo sofferente di reflusso gastro-esofageo, Roberta si rivolse al medico di base che attribuiva la causa di quegli ascessi di tosse proprio alla risalita dei succhi gastrici dallo stomaco all’esofago. “Verso la fine del 2009 mi fu diagnosticato un cancro al seno che mi costrinse a sottopormi a un intervento chirurgico per la rimozione del tumore e, quindi, ai conseguenti esami di approfondimento”, spiega Roberta. “Il valore elevato dell’antigene carboidratico 125 (CA125) e la presenza di formazioni nodulari sospette indussero i medici a sottopormi a TAC e PET. Fu così che i medici che mi avevano presa in cura si trovarono ad affrontare una situazione polmonare piuttosto problematica, con bronchiectasie diffuse”.
Col termine bronchiectasia si identifica una patologia cronica di natura respiratoria contraddistinta da un’abnorme dilatazione dei bronchi. Si tratta di una malattia la cui incidenza va progressivamente salendo e che impatta in maniera pesante sulla qualità di vita dei pazienti, provocando tosse persistente con abbondante produzione di catarro. “A questo punto mi sottoposi a una prima visita con uno pneumologo che si limitò a farmi eseguire una spirometria finendo col formulare una diagnosi che stabiliva la presenza di bronchiectasie basali e di una sindrome ostruttiva bronchiale”, prosegue Roberta. “Nel frattempo, da novembre 2009 a febbraio 2010 si evidenziavano degli incrementi nelle formazioni nodulari e poiché gli episodi di tosse non accennavano a smettere, colta dal dubbio che la cosa meritasse maggior approfondimento mi rivolsi a un altro pneumologo che mi diagnosticò una bronchiolite obliterante-polmonite in organizzazione (BOOP) e mi sottopose anche a una broncoscopia che non evidenziò la presenza di batteri o di cellule tumorali maligne”.
La BOOP è considerata una malattia infiammatoria per la quale a Roberta fu prescritta una cura a base di cortisone in associazione a levofloxacina da assumere per qualche mese. In caso di eventuali riacutizzazioni della malattia avrebbe potuto eseguire una cura per aerosol. Tuttavia, le condizioni di Roberta non migliorarono mentre si fecero sempre più forti i dubbi sul perché la cura non stesse facendo effetto e, anzi, il suo stato di salute peggiorasse di giorno in giorno. Dopo un consulto con l’ennesimo pneumologo a Roberta fu suggerito di rivolgersi a un istituto dove iniziare delle sedute di fisioterapia respiratoria. La gravità del quadro clinico indusse i medici che la presero in carico ad effettuare un test del sudore quale esame di approfondimento per scongiurare la presenza della fibrosi cistica. Inoltre, Roberta eseguì il test di Manotux per capire se la causa potesse essere il Mycobacterium tuberculosis, responsabile della tubercolosi. La tubercolosi è una patologia con una storia molto più nota dell’infezione da micobatteri non tubercolari con la quale, però, condivide alcuni sintomi. Secondo l’associazione STOP-TB in Italia la tubercolosi un’incidenza di circa 7 casi ogni 100.000 ogni anno, anche se sembra che con il tempo si stia verificando un aumento del numero dei nuovi casi.
“I medici considerarono un possibile intervento di resezione polmonare – riprende Roberta – e mi fecero fare una visita da un chirurgo toracico che escluse l'efficacia di tale soluzione a causa della vastità dell'area interessata dalle bronchiectasie. Le mie condizioni peggioravano di giorni in giorno. Affrontavo continue cure antibiotiche intramuscolo, per endovena e via aerosol, anche in ambito di ricovero in day hospital. Ero in fase acuta da troppo tempo senza osservare miglioramenti di alcuna natura e disperata, ad ottobre del 2011, decisi di rivolgermi ad un altro specialista ancora, stavolta presso il Policlinico di Milano e per mia fortuna in quell’occasione trovai la persona giusta che, guardando la TAC, sospettò immediatamente un’infezione da micobatteri non tubercolari. Mi fece ricoverare e mi sottopose a una broncoscopia il cui esito confermò la sua ipotesi, con una positività al Mycobacterium avium”. A quasi due anni dalla comparsa dei primi attacchi di tosse e dopo un viaggio nel deserto degli interrogativi irrisolti che sembrava non avere mai fine Roberta giunse a una diagnosi. La conclusione del processo diagnostico implicò l’avvio del percorso di terapia con la prescrizione di una cocktail di farmaci a base di claritromicina, rifampicina ed etambutolo per un periodo di 12 mesi. Gli effetti collaterali non furono trascurabili e Roberta fu costretta a interrompere anzitempo l’assunzione di etambutolo che le stava causando seri problemi al nervo ottico. “Fortunatamente, al termine di questa terapia l'esame dell'espettorato risultò negativo e, nel giro di quasi un anno, recuperai completamente la vista”, spiega Roberta. “Da allora, sotto ogni aspetto, dalla ricerca delle cause, alle cure e alla fisioterapia, sono seguita dal Centro Bronchiectasie del Policlinico di Milano”. Presso il Policlinico della capitale lombarda è attivo un Programma dedicato ai pazienti con bronchiectasie, guidato dal prof. Stefano Aliberti. Non è infrequente, infatti, l’associazione di questo genere di problematica a quella delle infezioni del tratto respiratorio. In particolare, la connessione tra micobatteri non tubercolari e bronchiectasie è oggetto di studi da parte degli esperti che stanno cercando di capire quanto l’infezione suscitata dai primi sia causa delle seconde e, viceversa, se le bronchiectasie possano costituire il terreno ideale per la crescita dei micobatteri.
“Ad agosto del 2018 mi è stata riscontrata una positività per Mycobacterium intracellulare”, conclude Roberta. “Dalla TAC non risultano ulteriori danni per cui i medici hanno deciso, al momento, di non iniziare una nuova cura e di tenere sotto controllo la situazione. È più facile a dirsi che a farsi. I sintomi mi accompagnano sempre e le loro riacutizzazioni non costituiscono mai davvero un’indicazione certa dell’attività del M. intracellulare perchè sono spesso dovute ad altre tipologie di batteri. E non posso di certo fare una TAC ogni due mesi. Perciò, vivo in questo perenne stato di incertezza e con la paura che alla prossima TAC si evidenzino ulteriori danni ai quali sono conscia che non ci possa essere rimedio. Gli episodi di emottisi [emissione di sangue con la tosse, N.d.R.] sono aumentati e li tengo a bada con l'acido tranexamico, ma l'ansia cresce di giorno in giorno. Ho paura delle emorragie polmonari e temo che gli antibiotici possano non funzionare, per cui sono giunta ad apportare diversi cambiamenti alla mia quotidianità, evitando le possibili fonti di contagio. Non frequento molti locali, non vado al cinema, rifuggo dai posti affollati ed evito chiunque dia qualche colpo di tosse sospetto o abbia anche solo un semplice raffreddore. Mi lavo in modo maniacale le mani, sto lontana dagli ambienti umidi e da tutte le possibili zone a rischio. Quotidianamente prendo i farmaci per aiutarmi nella respirazione e faccio la fisioterapia respiratoria. Per ora, però, non ho rinunciato ai viaggi. A dispetto della paura, mi armo di mascherina, farmaci per l'emottisi, antibiotici e incrocio le dita”.
Sulla base di dati epidemiologici e statistici, nonché delle opportune valutazioni cliniche ed ecomiche, lunedì scorso l’On. Carnevali (PD) ha presentato alla Camera un’interrogazione parlamentare riguardante la malattia polmonare da micobatteri non tubercolari, chiedendo al Ministro della Salute di aggiungere la patologia all'elenco delle malattie rare, secondo il decreto ministeriale n. 279 del 2001 e successive modificazioni, allo scopo di garantire l'esenzione dal ticket per tutte le prestazioni appropriate ed efficaci per il trattamento e il monitoraggio della malattia rara accertata. “Speriamo che questo atto serva a porre la nostra situazione all’attenzione del Ministero e della Commissione che si occupa dei LEA”, afferma Antonella Previdi, presidente dell’Associazione AMANTUM. “Chi ha la sfortuna di sviluppare questa malattia si vede colpito non solo nella salute e nella vita professionale, spesso penalizzata, ma si trova anche a dover affrontare delle spese economiche dirette, che non per tutti sono sostenibili. Non solo siamo di ‘serie b’ rispetto ad altri malati rari, ma tra noi ci sono quelli più fortunati, che possono sostenere le spese per le analisi e le cure se pur con sacrifici, e quelli più sfortunati che non possono e che, di conseguenza, non si curano nella migliore maniera possibile, con un esito peggiore in termini di salute”.
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