Fabry’s Kitchen - malattia di Fabry

Il progetto Fabry’s Kitchen nasce per guidare i pazienti verso un’alimentazione più consapevole, in grado di migliorare la loro qualità di vita

Sintomi gastrointestinali aspecifici - come dolori addominali, crampi postprandiali, diarrea o stipsi, nausea e vomito ricorrenti - possono essere manifestazioni tipiche della sindrome dell'intestino irritabile (Irritable Bowel Disease, IBS) o di alcune patologie infiammatorie intestinali, come la malattia di Crohn o la colite ulcerosa, ma possono anche essere i primi campanelli d’allarme della malattia di Fabry. “Più della metà dei pazienti affetti da questa rara patologia da accumulo lisosomiale riferisce sintomi gastrointestinali più o meno invalidanti, che compaiono molto precocemente”, afferma la dottoressa Giorgia Gugelmo, Dietista presso l’Unità Operativa Complessa (UOC) di Malattie del Metabolismo dell’Azienda Ospedale Università di Padova.

Le attuali terapie a disposizione per la Fabry [la terapia di sostituzione enzimatica e il farmaco a somministrazione orale migalastat, N.d.R.] sono in grado di ridurre solo parzialmente le problematiche gastrointestinali”, prosegue Gugelmo. “Da qui l’esigenza di un trattamento dietetico aggiuntivo, da affiancare alla terapia farmacologica, per contribuire a migliorare la qualità della vita dei pazienti”.

LA PATOLOGIA

La malattia di Fabry, nota anche come malattia di Anderson-Fabry, è una rara patologia ereditaria da accumulo lisosomiale dovuta a un deficit dell’enzima alfa-galattosidasi A (Gal-A). La carenza o il malfunzionamento della proteina Gal-A porta all’accumulo, all’interno dei lisosomi, di glicosfingolipidi, in particolare globotriaosilceramide (Gb3), con conseguente sofferenza cellulare. Particolarmente colpiti sono i tessuti viscerali e l’endotelio vascolare, con danni a livello renale, cardiaco e del sistema nervoso centrale, ma anche dell’apparato visivo, uditivo, tegumentario (pelle e ghiandole sudoripare) e digerente.

IL RUOLO DELL’ALIMENTAZIONE NELLA MALATTIA DI FABRY

Sebbene generalmente non siano pericolose per la sopravvivenza, le manifestazioni gastrointestinali della malattia di Fabry incidono fortemente sulla qualità della vita dei pazienti e vengono spesso riferite come invalidanti. Questi sintomi sono dovuti a una riduzione della motilità del canale digerente, determinata dall’accumulo di globotriaosilceramide a livello del sistema nervoso enterico e della muscolatura liscia. Ne consegue un rallentato svuotamento dello stomaco e dell’intestino che, a sua volta, provoca una crescita abnorme dei batteri intestinali (SIBO). Tale fenomeno predispone a un’incrementata produzione di gas intestinali, spesso associata a dolori addominali di tipo crampiforme, diarrea o stipsi, nausea e spasmi epigastrici.

“Nei pazienti affetti da malattia Fabry, alcune sostanze, complessivamente definite dell’acronimo FODMAP [Oligosaccaridi, Disaccaridi, Monosaccaridi e Polioli Fermentabili, N.d.R.], a causa della loro scarsa digeribilità a livello intestinale, possono esacerbare la sintomatologia gastrointestinale e la disbiosi [condizione di squilibrio del microbiota intestinale, N.d.R.]”, afferma la dottoressa Gugelmo. “Per questo motivo, un programma nutrizionale di eliminazione e progressivo reinserimento di questi composti potrebbe rappresentare un valido strumento di supporto alla terapia farmacologica”. Proprio su questo principio si basa il protocollo “low-FODMAP”, che si articola in due fasi: la prima, della durata di 4-6 settimane, prevede l’eliminazione quasi totale dei saccaridi fermentescibili dalla dieta; la seconda, invece, ne contempla la graduale reintroduzione. “Il reinserimento progressivo di questi carboidrati - un alimento per volta, a seconda del contenuto di FODMAP - permette di individuare quali siano, a livello individuale, i cibi più coinvolti nella sintomatologia”, spiega la dottoressa Gugelmo. “In questo modo, i pazienti ottengono una lista personalizzata di alimenti con i vari gradi di tolleranza. In generale, i cibi più “incriminati” sono quelli che contengono lattosio o fruttani, oligosaccaridi presenti in molti cereali”.

L’applicazione del protocollo low-FODMAP in pazienti con malattia di Fabry è stata recentemente valutata in uno studio condotto da un team di ricercatori dell’Azienda Ospedale Università di Padova, team di cui ha fatto parte anche la dottoressa Gugelmo. I risultati dell’indagine, pubblicati sulla rivista Nutrients, si sono rivelati alquanto promettenti: i pazienti sottoposti al programma hanno riferito una riduzione dei sintomi gastrointestinali, valutati mediante la Gastrointestinal Symptom Rating Scale (GSRS) e il questionario GSRS-IBS, riuscendo a destreggiarsi meglio nelle scelte alimentari quotidiane.

Il PROGETTO FABRY’S KITCHEN

Proprio con l’obiettivo di guidare i pazienti con malattia di Fabry verso un’alimentazione più consapevole, è stato recentemente realizzato un apposito ricettario redatto nell’ambito del progetto “Fabry’s Kitchen”, promosso dal Centro di Coordinamento Regionale Malattie Rare della Campania, in collaborazione con AIAF APS (Associazione Italiana Anderson-Fabry, che fa parte di Alleanza Malattie Rare) e con il contributo non condizionante di Chiesi Global Rare Diseases, e presentato lo scorso 13 febbraio a Roma, in un evento che ha visto la partecipazione di clinici, membri delle Istituzioni e rappresentanti dei pazienti.

Il progetto nasce proprio dall’esigenza di rispondere concretamente alle domande dei nostri pazienti, adulti e bambini, che ogni giorno ci chiedono che tipo di alimentazione possono seguire”, racconta la dottoressa Francesca Dongiglio, biologa nutrizionista presso l'Ambulatorio Malattie Genetiche e Rare Cardiovascolari dell’Ospedale Monaldi di Napoli, sede del Centro di Coordinamento Malattie Rare della Regione Campania. “Con il ricettario abbiamo provato a rispondere a questa esigenza di chiarezza, che emerge continuamente dalla nostra attività ambulatoriale. All’interno di questa guida alimentare i pazienti con Fabry possono trovare una serie di utili suggerimenti, suddivisi a seconda dei pasti (colazione, pranzo e cena), insieme ad alcune tabelle riassuntive contenenti i cibi consigliati e quelli da evitare, con le rispettive grammature consentite”.

Una corretta alimentazione contribuisce al benessere e alla salute di ogni persona, ma gioca un ruolo ancor più importante in coloro che sono affetti da patologie complesse come la malattia di Fabry, in cui una dieta specifica si può considerare una vera e propria terapia: per questa ragione, una presa in carico multidisciplinare del paziente con Fabry non può fare a meno di figure professionali come il dietologo, il dietista e il nutrizionista.

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