Il prof. Santini (Pisa): “L'efficacia per diabete, dislipidemia, malattia epatica e cardiaca è limitata ai casi in cui l'ormone è assente o estremamente ridotto, e i pazienti devono essere selezionati accuratamente”

PISA – Rarissima e spesso non diagnosticata, la lipodistrofia per molti medici è ancora una malattia misteriosa, ma qualcosa sta cambiando: per conoscerla meglio, è nato lo scorso aprile il primo network italiano per lo studio della patologia, coordinato dal prof. Andrea Lenzi, presidente della Società Italiana di Endocrinologia (SIE).
Come aveva anticipato il prof Lenzi, fra le iniziative intraprese a pochi mesi dalla nascita del team, è stato creato un gruppo di studio sulla patologia, nell'ambito della SIE, che sarà promotore di iniziative quali corsi di formazione e preparazione di materiale scientifico. A coordinare questo gruppo, insieme alla prof.ssa Silvia Migliaccio, è il prof. Ferruccio Santini, responsabile del Centro Obesità, U.O. di Endocrinologia dell'Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana.

Professor Santini, come avviene la presa in carico e il trattamento dei pazienti affetti da lipodistrofia?
“Quando un paziente si rivolge a noi per sospetta lipodistrofia o è indirizzato da altri centri, viene valutato attraverso un percorso assistenziale dedicato, allo scopo di definire la diagnosi e il quadro clinico. A tal fine può essere necessario eseguire alcune indagini genetiche e devono essere effettuati accertamenti mirati (ematologici e strumentali) per valutare il grado di compromissione endocrino-metabolica e la presenza di alterazioni a carico dei vari organi. Queste indagini sono possibili grazie all'esperienza di diversi specialisti (medici e biologi) che da tempo si occupano dell'argomento ed hanno acquisito una competenza specifica”.

Sono attualmente in corso dei trial o altre iniziative sulla patologia, in Italia o in Europa?
“In Europa è stato recentemente istituito un consorzio per lo studio delle lipodistrofie, chiamato European Consortium of Lipodystrophies (ECLip), che si propone di condividere esperienze, promuovere argomenti di ricerca specifici ed elaborare linee di indirizzo clinico per un gruppo di malattie estremamente rare e pertanto difficili da studiare approfonditamente nei singoli centri. A questo proposito è importante notare come la malattia, proprio per la sua estrema rarità, venga spesso non riconosciuta o misconosciuta”.

Qual è la sua esperienza nella somministrazione ad uso compassionevole di metreleptina (un ricombinante analogo della leptina umana)?
“Nel nostro centro seguiamo alcuni pazienti che sono stati inseriti in un programma di terapia con leptina, l'ormone prodotto dal tessuto adiposo. La nostra esperienza è molto positiva poiché in questi casi sono stati raggiunti notevoli miglioramenti relativamente alle malattie secondarie alla lipodistrofia (diabete, dislipidemia, malattia epatica e cardiaca). È necessario sottolineare che la somministrazione di leptina non consente di reintegrare il tessuto adiposo perso ma è una terapia ormonale sostitutiva che consente di intervenire sulle conseguenze della deposizione di grasso in sedi improprie. L'efficacia della leptina è limitata ai casi in cui l'ormone è assente o estremamente ridotto, e i pazienti devono essere selezionati accuratamente”.

Leggi anche l'articolo “Lipodistrofia: un solo farmaco disponibile, ma non ancora in Europa”.

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