“Non sei libero, non puoi ridere o piangere liberamente perché se lo fai non sarai in grado di respirare” racconta un paziente, e un altro aggiunge “Se avessi il cancro le persone sarebbero più comprensive”
Quando si parla di malattie si può talvolta correre il rischio di guardare molto all’andamento dei parametri clinici – che siano la capacità respiratoria o la sopravvivenza – e dare poca attenzione al vissuto dei pazienti e a quei sintomi e disagi, anche minori, che impattano sulla qualità della vita quotidiana. Lo studio ‘Vivere con la Fibrosi Polmonare Idiopatica’ (Living with idiopathic pulmonary fibrosis: an in-depth qualitative survey of European patients) condotto da Doxa su pazienti di 5 paesi europei e commissionato da InterMune ha voluto dunque prendere in considerazione, attraverso interviste ai pazienti, proprio questo secondo aspetto: la qualità della vita. Il risultato è stato che i pazienti hanno riferito un profondo impatto negativo della IPF sulla qualità della vita di tutti i giorni su tre aree principali: l’autonomia personale, le relazioni con le altre persone e la situazione finanziaria.
Gli intervistati hanno descritto una graduale perdita di autonomia e capacità di eseguire le attività fisiche di base, correlata al progressivo peggioramento della salute. Ed è significativo quello che ha detto un paziente inglese “Non sei libero, non puoi ridere o piangere liberamente perché se lo fai non sarai in grado di respirare, neanche con l’ossigeno – è terribile e frustrante. Anche essere costretto all’ossigeno ti fa sentire come prigioniero in una gabbia.” Dalle interviste emerge infatti che la necessità di ossigeno supplementare è stata spesso considerata una sorta di tappa cruciale nella perdita di indipendenza, poiché è a questo punto che la malattia diventa visibile alle altre persone e anche le uscite fuori casa cominciano a richiedere una pianificazione attenta.
In molti casi questa perdita di indipendenza ha avuto un notevole impatto negativo sul benessere emotivo dei pazienti, che cominciano a sentirsi un peso per la propria famiglia e la società. Fin quando non si usa l’ossigeno, infatti, la malattia non ha una manifestazione specifica che la rende ‘visibile’ agli altri, e per certi versi anche questo può essere un problema, tanto che un paziente spagnolo ha detto: “Se avessi il cancro le persone sarebbero più comprensive”. Molti intervistati hanno infatti espresso difficoltà nel continuare le normali relazioni con amici e conoscenti a causa dell’aggravarsi della condizione dei polmoni e dell’immobilità, oltre alla scarsa conoscenza e comprensione della malattia.
Infine, nonostante le cure mediche nell’Unione Europea siano generalmente gratuite, circa il 20 per cento degli intervistati ha dichiarato di avere problemi economici, a causa dell’incapacità di lavorare e delle ridotte entrate. Significativa in questo senso la testimonianza di una paziente tedesca: “Ho dovuto lottare per la mia pensione in tribunale – racconta -.Il Fondo Pensioni Federale per gli Impiegati ha detto: “Lei è solo troppo pigra per lavorare. Ha 42 anni e probabilmente non è affatto malata. Si guardi allo specchio”. Ho smesso di truccarmi e ho cominciato a portare vestiti vecchi per essere presa sul serio.” Infine in molti hanno lamentato i problemi che derivano da centri di eccellenza non facilmente raggiungibili e dalle troppe barriere burocratiche per fissare appuntamenti presso medici specialisti o per ottenere ossigeno supplementare, un problema, quest’ultimo, che in Italia lamentano anche malati di altre patologie. Per molti una possibile soluzione a questi difficoltà che i pazienti incontrano e che spesso, per la rarità della malattia, sentono di affrontare in solitudine, sarebbe la nascita di un gruppo di supporto legale, che renda più agevole ed efficiente la tutela delle persone affette da IPF e che possa essere una risorsa per il supporto e l’educazione dei pazienti.
Clicca qui per lo studio integrale in Italiano (traduzione a cura di Anna Maria Ranzoni per Osservatorio Malattie Rare)
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