Giuliana ha dovuto seguire lunghe terapie antibiotiche per tenere la malattia sotto controllo. Lei ce l’ha fatta, ma tanti abbandonano per gli effetti collaterali, e non tutti possono sostenere le spese necessarie, perché per loro non c’è esenzione.
Oggi, insieme alla sorella Antonella, si impegna a far crescere un’associazione
Giuliana è una donna di Milano che ha da poco superato i 60 anni, lavora come ginecologa presso un ospedale del posto e vive con suo marito, anche lui medico. Due medici in famiglia non bastano a tenere lontane le malattie, ma almeno la diagnosi – si tende a pensare – non dovrebbe essere un problema. E invece per Giuliana il primo grande scoglio è stato proprio quello: far credere ai medici che non era depressa, ma malata davvero, e dare un nome a una malattia che, tra i sintomi, annovera tosse, catarro, broncopolmoniti, febbre, debolezza e perdita di peso continui. Ci sono voluti due anni per la diagnosi di malattia polmonare da micobatteri non tubercolari (NTM-LD), “e sono stata fortunata – racconta la donna – perché conoscevamo dei medici a cui rivolgerci e perché ho potuto auto-prescrivermi una TAC ad alta risoluzione”. Chissà quanti, purtroppo, non avendo questa possibilità, impiegano tempi più lunghi per giungere alla diagnosi e alle opportune terapie, oppure non vi arrivano mai, condannati ad anni di sofferenze e al rischio di un esito fatale, che questa malattia comporta se non affrontata in tempo.
Per Giuliana, tutto ha avuto inizio con una pesante broncopolmonite, a cui è seguita una febbre intermittente, a volte bassa a volte anche molto alta, che non voleva saperne di passare. “All’inizio – racconta la donna a Osservatorio Malattie Rare – nessuno si è allarmato, perché sono cose che possono capitare. Ma dopo questo episodio ci sono state tante recidive, perdevo peso, e continuavo a sentirmi stanca: e questo no, non è normale che accada! Tutto ciò dovrebbe far allarmare; un medico deve domandarsi perché il paziente continui a tornare chiedendo attenzione per una sintomatologia sempre più ingravescente. Invece, per due anni sono andata avanti così, sentendomi dire, a volte, che era colpa della menopausa, e altre, in maniera più diretta, che ero depressa: da medico sapevo che a volte i pazienti si sentono dire queste cose, ma viverlo di persona fa un altro effetto. Nella sfortuna, però, io ero tra i più fortunati: potevo permettermi visite private e auto-prescrivermi una TAC ad alta risoluzione. Quando la radiologa mi ha comunicato l’esito, aveva un’espressione sconvolta e in quel momento ho avuto la certezza della gravità della mia malattia. “Le ho chiesto “Ho il cancro ai polmoni?” e lei mi ha detto “no signora, ma è comunque una cosa molto grave e, purtroppo, non so dirle cosa sia”. I miei polmoni erano seriamente danneggiati”.
Con i risultati della TAC, Giuliana si è recata dall’ennesimo specialista, questa volta all’Ospedale Sacco di Milano, grazie a un’intuizione del marito. “Lì hanno capito subito di cosa si trattava. Ho trovato un medico che conosceva la mia malattia e che, per esserne sicuro, mi ha fatto fare un’analisi dell’espettorato con la ricerca precisa dei micobatteri non tubercolari (NTM). E qui è arrivata una diagnosi di malattia polmonare da micobatteri non tubercolari (NTM-LD), dopo due anni di giri che si potevano anche evitare, di diagnosi errate e di vane, ripetute, consulenze mediche. I segni specifici della malattia c’erano anche nella lastra fatta per la prima broncopolmonite, solo che nessuno era stato in grado di riconoscerli e prescrivere gli accertamenti adeguati. Non avevo mai sentito nominare prima questa patologia. Mi hanno spiegato che non è contagiosa, che non dovevo temere per le mie pazienti e per i miei figli e che, se me la sentivo, potevo continuare a lavorare. La terapia, però, sarebbe stata lunga e molto molto dura, dovevo augurarmi che il mio corpo la tollerasse se volevo sperare di guarire – mi dissero chiaramente – in caso contrario la prognosi sarebbe stata incerta. Pur non conoscendo la malattia, da medico, il significato della locuzione “prognosi incerta” mi era chiarissimo. Significava che potevo morire”.
Il primo ciclo di terapia seguito da Giuliana è durato un anno e mezzo e ha comportato l’assunzione di 4 tipi di antibiotico, tra i quali uno in vena, che può causare danni a reni e udito. “Ho avuto tantissimi effetti collaterali, e ho anche accettato il rischio di perdere la vista; ho convissuto con nausea e vomito, ma ce l’ho fatta – racconta Giuliana – e il fatto di continuare a lavorare mi ha aiutato a non mollare. Dopo un anno e mezzo di terapie la malattia sembrava sotto controllo: invece no! A distanza di altri 8 mesi si è presentata una recidiva e, di nuovo, sono stata sottoposta a una lunghissima terapia, ma anche stavolta ce l’ho fatta. So che sono stata fortunata, perché tanti non ce la fanno: i valori sballano e bisogna interrompere il trattamento, cosa che, purtroppo, dà modo alla malattia di riprendere il suo corso. Se poi nel paziente sussistono altre patologie, ad esempio il diabete, allora diventa ancor più difficile affrontare questo tipo di terapia, che è così complessa e lunga perché non esistono, al momento, farmaci specifici, e bisogna combinare tra loro diverse classi di antibiotici. Praticamente si trascorre la giornata tra pillole e iniezioni”.
Una malattia, la NTM-LD, che è subdola e cattiva, difficile da riconoscere e ancor più difficile da curare con le poche armi oggi a disposizione. Ma non è solo questo a ferire i pazienti. “Immaginate una donna, un medico per di più, che tossisce come una persona che fuma due pacchetti di sigarette al giorno, piena di catarro”, ricorda Giuliana. “I pazienti, inevitabilmente, si allontanano e ti guardano con sospetto. Credo che, in aggiunta al carico della malattia, questo sia un risvolto molto duro da sopportare. Sentirsi isolati quando si sta combattendo una battaglia difficile fa ancora più male”. La malattia, pur essendo causata da un batterio, non si trasmette per contatto diretto. “E’ importante dirlo, perché intorno alla tosse si crea uno stigma sociale. Così come va detto che il batterio si diffonde nell’acqua e nel vapore, per cui noi pazienti dobbiamo star ben lontani da terme, saune e i bagni turchi”.
Oltre all’aspetto sociale, poi, ce n’è anche uno molto più pratico e immediato: quello economico. “Durante la terapia – prosegue Giuliana – devi fare un sacco di controlli, continue analisi del sangue per valutare se il corpo ce la fa a tollerare tutti gli antibiotici, e questi sono servizi che si pagano. Oggi sono in remissione, mi porto dietro un grosso danno polmonare e sono perennemente sotto controllo: esami del sangue, spirometria, visite pneumologiche, riabilitazione respiratoria e, al minimo dubbio, magari anche una TAC. Anche qui, tutto di tasca propria! Io sono fortunata a non aver lasciato il lavoro e a potermi permettere questi controlli, ma tanti non possono, e tutto perché questa malattia non è ancora stata inserita nella lista delle malattie rare esenti. Puoi avere una qualche agevolazione solo se ti fanno una diagnosi di bronchite cronica in aggiunta alla malattia. A complicare le cose, poi, c'è anche la difficoltà ad ottenere alcuni farmaci, perché sono obsoleti e praticamente non si usano più”. Insomma, la NTM-LD colpisce il fisico, la vita sociale, può privare della capacità di lavorare e, al tempo stesso, richiede molte spese: è davvero una nemica terribile.
Fortunatamente, un nuovo farmaco, specifico per questa malattia, è stato appena autorizzato negli Stati Uniti ed è in corso di approvazione in altri Paesi, tra cui l'Europa: secondo i risultati delle sperimentazioni dovrebbe ridurre di molto la durata della terapia e le possibilità di successo, ma ancora non è disponibile per i pazienti. “Fin quando non ci sarà una terapia efficace – conclude Giuliana – non ci sarà diagnosi, perché i medici non vogliono fare diagnosi e poi tenersi una zavorra di paziente che sarà in terapia per due anni, con decine di controlli e nemmeno la certezza che possa guarire. È brutto da dire, ma oggi è proprio questa la situazione”.
Antonella, la sorella di Giuliana, che le è stata vicina durante tutto questo difficile periodo, ha deciso di dover fare qualcosa per le persone colpite da NTM-LD e, perciò, ha appena fondato una specifica associazione: si chiama si chiama AMANTUM, Associazione Malati NTM, e ha sede a Milano. La vocazione di AMANTUM è di raccogliere adesioni in tutta Italia, non solo tra pazienti, ma anche tra amici e familiari. Chiunque voglia contribuire a far conoscere e a combattere questa patologia è benvenuto. Per contattare l’associazione – il cui sito web sarà pronto a breve – è possibile scrivere ad Antonella, all'indirizzo e-mail Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..
“Spero – conclude Giuliana – che altri pazienti come me vogliano emergere dall’ombra, o magari che vogliano farlo i familiari, perché occorre che non ci vergogniamo, che superiamo le naturali reticenze e che ci diamo da fare per far sentire la nostra voce, forte e chiara. Se sentono che ci siamo, e siamo molti, gli scienziati potranno orientare la ricerca spingendola a investire risorse per studiare una terapia migliore per noi e, nel contempo, le Istituzioni ci potranno aiutare, cominciando proprio dall’inserimento della malattia polmonare da micobatteri non tubercolari nei LEA”.
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