Dealing with NEN

Il dott. Ettore Seregni (Milano) spiega come si svolge il trattamento e il percorso da affrontare per i pazienti

I tumori neuroendocrini (NET), rientrano a pieno titolo in quelle patologie la cui gestione clinica richiede un perfetto coordinamento tra tante e diverse figure mediche. Da ciò si deduce con facilità quanto conti l’aderenza alle linee guida, sia in fase diagnostica che terapeutica, specialmente con riferimento a nuove opzioni di trattamento quali la terapia radiorecettoriale (PRRT).

Di questo argomento si è a lungo discusso durante il Congresso “Dealing with NEN”, svoltosi a Firenze ad inizio febbraio - prima che l’emergenza Coronavirus paralizzasse il nostro Paese - al quale ha preso parte anche il dott. Ettore Seregni, Direttore della S.C. di Medicina Nucleare della Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, il quale ha ribadito il vantaggio derivato da un approccio multidisciplinare necessario per l’ottimale conduzione dei programmi di terapia radiorecettoriale.

“I pazienti afferiscono al reparto di Medicina Nucleare successivamente alla valutazione da parte dei colleghi oncologi, endocrinologi o chirurgi che, alla luce del quadro generale, propongono il paziente per la PRRT”, sottolinea Seregni. “Compito del medico di medicina nucleare è quello di reperire tutti i dati necessari per una corretta valutazione della possibilità di sottoporre il paziente alla terapia, soppesando attentamente pro e contro, indagando anche la possibile concomitanza di altre patologie. Inoltre, il medico nucleare ha il compito di illustrare, con l’aiuto dell’infermiere, tutti gli aspetti del trattamento, dal numero di cicli, che attualmente sono quattro, uno ogni otto settimane circa, fino agli effetti collaterali, alla tipologia della degenza, al comportamento da adottare e al ritorno al domicilio”.

L’accesso alla terapia radiorecettoriale fa dunque seguito a un’accurata valutazione clinica del paziente e, secondo le linee guida AIFA, si rivolge alle persone affette da tumori neuroendocrini gastro-entero-pancreatici (GEP-NET) ben differenziati (G1-G2) dal punto di vista istologico, progressivi o non asportabili chirurgicamente, positivi ai recettori per la somatostatina. Quest’ultimo punto è di grande importanza prima di decidere se un paziente possa rientrare in un programma di PRRT. “I candidati devono essere sottoposti a PET/TC con analoghi della somatostatina o scintigrafia con octreotide per verificare l’espressione dei recettori della somatostatina a carico delle lesioni”, spiega ancora Seregni. “Tale indagine deve necessariamente precedere la terapia e deve essere stata eseguita, al massimo, nei tre mesi precedenti. Nel caso sia intercorso un tempo superiore, l’indagine deve essere ripetuta. Lo stesso discorso vale per la valutazione attraverso tecniche di imaging convenzionale (TC/RM) del distretto torace e addome, per verificare il carico di malattia”.

Se il paziente presenta un tumore neuroendocrino con caratteristiche tali da rendere plausibile l’approccio radiorecettoriale ed è nelle condizioni di affrontare la terapia, può iniziare il suo percorso. “Durante la degenza, di pochi giorni, non sono permesse visite e non è permesso allontanarsi dal reparto, ma i pazienti possono avere contatti tramite telefono o PC”, precisa l’esperto milanese. “I pazienti vengono monitorati dal personale medico e infermieristico e dagli operatori socio-sanitari. Al termine dei quattro cicli, che vengono completati se gli esami ematochimici eseguiti in corso di terapia risultano permissivi, i pazienti vengono di nuovo affidati al collega di riferimento che li ha inviati al nostro reparto, per il prosieguo delle cure e il follow-up”.

Uno dei messaggi più importanti emersi dal congresso di Firenze è quello che la terapia radiorecettoriale sta non solo rinnovando il settore della medicina nucleare e cancellando una serie di pregiudizi accumulatisi nel tempo nei confronti di questo settore medico, ma sta anche contribuendo alla creazione di un nuovo ambito di lavoro, quello della teragnostica, che sta iniziando a produrre risultati terapeutici di rilievo per i pazienti affetti da tumori neuroendocrini. “I risultati fino ad oggi ottenuti confermano che la PRRT è un trattamento efficace in grado di migliorare la qualità di vita nella maggioranza dei pazienti”, conclude infatti Seregni. “Soprattutto, è in grado di ritardare la progressione di malattia e prolungare la sopravvivenza”.

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