La policitemia vera (PV) è un raro tumore del sangue ed è dovuto a un’alterazione delle cellule del midollo osseo che porta alla proliferazione incontrollata delle cellule del sangue, in particolare dei globuli rossi. Si tratta di una malattia cronica a decorso lento e progressivo, e rappresenta la seconda neoplasia mieloproliferativa (MPN) più comune. Nel 95-98% dei pazienti con PV è presente la mutazione di JAK2 (Janus Activated Kinase 2), un gene che ha un ruolo chiave nella produzione delle cellule ematiche; si tratta di una mutazione acquisita che non viene trasmessa dai genitori ai figli. L’incidenza della PV varia da 1 a 3 nuovi casi ogni 100.000 persone ogni anno.

I pazienti con policitemia vera soffrono di un ingrossamento della milza (splenomegalia) e di una serie di sintomi debilitanti che compromettono la qualità della vita quotidiana, quali stanchezza, rossore anomalo del volto, problemi alla vista, disturbi della sensibilità delle mani e dei piedi, prurito, febbre, sudorazioni notturne e perdita di peso.

La policitemia vera è tipicamente caratterizzata da un elevato ematocrito (percentuale in volume di globuli rossi nel sangue intero), che può provocare un incremento della densità del sangue e un aumento del rischio di coaguli, oltre a conte elevate di globuli bianchi e piastrine. Tutto ciò può causare gravi complicanze cardiovascolari (infarto e ictus), con conseguente aumento di morbilità e mortalità. La sopravvivenza mediana dei pazienti varia da 9,1 a 12,6 anni, a seconda della terapia.

Il trattamento per la PV è principalmente costituito da salassi, effettuati mediante una procedura chiamata flebotomia, che rimuove il sangue dal corpo per ridurre la concentrazione di globuli rossi al fine di raggiungere un ematocrito inferiore al 45%. Inoltre, i pazienti considerati a basso rischio sono sottoposti a basse dosi di aspirina, mentre in quelli ad alto rischio si ricorre, solitamente, all’idrossiurea. Purtroppo, circa il 25% dei pazienti con policitemia vera è resistente o intollerante al trattamento con idrossiurea e pertanto ha una malattia non adeguatamente controllata e un aumento del rischio di progressione della stessa. Un inadeguato controllo di malattia può essere caratterizzato da livelli di ematocrito maggiori del 45% ed elevate concentrazioni di globuli bianchi, fattori che si associano a un incremento di 4 volte del tasso di mortalità cardiovascolare.

Per i pazienti con policitemia vera resistenti o intolleranti all’idrossiurea è disponibile la terapia mirata con ruxolitinib, un inibitore orale delle tirosin chinasi JAK1 e JAK2 che è stato recentemente approvato anche in Europa. I dati dello studio clinico di Fase III RESPONSE hanno dimostrato che ruxolitinib ha la capacità di fornire a questa popolazione di pazienti un beneficio clinico durevole e completo rispetto alla migliore terapia disponibile. Il trattamento con ruxolitinib ha permesso di ottenere il controllo persistente dell’ematocrito, la riduzione delle dimensioni della milza e il sollievo dei sintomi nei pazienti con policitemia vera incontrollata.

Il dato emerge da uno studio comparativo presentato al 23° Congresso EHA.
Illustrati anche nuovi risultati clinici sull'uso di ruxolitinib in pazienti con mielofibrosi

Novartis ha da poco annunciato i risultati di un nuovo studio comparativo, i quali dimostrano che, quando trattati con Jakavi® (ruxolitinib), i pazienti con policitemia vera resistenti o intolleranti a idrossiurea sono andati incontro a una significativa riduzione del rischio di trombosi e di morte rispetto ai pazienti che hanno ricevuto la migliore terapia disponibile. I risultati dello studio si basano su un confronto tra i pazienti arruolati nello studio clinico di Fase III RESPONSE e nello studio registrativo spagnolo GEMFIN costituito da pazienti in un contesto “real-world”. Tali nuovi dati sono stati presentati in occasione del 23° Congresso della European Hematology Association (EHA), svoltosi a Stoccolma (Svezia) tra il 14 e il 17 giugno 2018.

Guido Finazzi per policitemia veraLa policitemia vera è una rara neoplasia mieloproliferativa a decorso lento e progressivo. Per capire di cosa si tratta possiamo iniziare esplorandone l’etimologia: Poli sta per “molti”, cito sta per “cellule” ed emia è il suffisso che indica il “sangue”. Letteralmente, policitemia significa “molte cellule nel sangue”. C’è poco da aggiungere a riguardo perché la policitemia vera è una malattia che si evidenzia con un elevato grado di eritrocitosi (aumento dei globuli rossi), trombocitosi (aumento delle piastrine) e con una leucocitosi (aumento dei globuli bianchi) di grado variabile. La prima e più evidente problematica connessa a questa malattia è l’insorgenza di eventi trombotici, che si manifestano in qualcosa più del 30% dei pazienti includendo soprattutto infarti del miocardio, ischemie celebrali e trombosi delle vene profonde. Gran parte dei pazienti lamenta sintomi come cefalee, dolori ossei, prurito e calo ponderale e in molti si osserva un aumento delle dimensioni della milza (splenomegalia). Alla fase attiva appena descritta può seguire una fase spenta, nella quale si osserva una riduzione dei valori ematologici e un aumentato grado di fibrosi del midollo, definibile come mielofibrosi post-policitemica.

La policitemia vera è una patologia ematologica cronica, che non sempre viene riconosciuta e diagnosticata tempestivamente. La diagnosi della policitemia vera è però fondamentale per una corretta terapia. Il trattamento della malattia in stadio proliferativo si ottiene cercando di ridurre la massa eritrocitaria ricorrendo alla salassoterapia o a farmaci come l’interferone o l’idrossiurea. Le scelte terapeutiche devono essere però massimamente personalizzate, in funzione dei fattori di rischio per il paziente.

Wilmington (USA) – RESPONSE è uno studio clinico di Fase III, multicentrico, internazionale, randomizzato e in aperto, che è tutt'ora in via di svolgimento allo scopo di confrontare il farmaco ruxolitinib con la miglior terapia disponibile (BAT, Best Available Therapy) per i pazienti affetti da policitemia vera (PV) che sono resistenti o intolleranti all'idrossiurea. I dati provenienti da un'analisi di follow-up relativa a 208 settimane di studio (4 anni) sono stato resi noti da Incyte Corporation e presentati in occasione dell'ultimo Congresso annuale dell'American Society of Hematology (ASH).

neoplasie mieloproliferative, Giampiero GarutiA testimoniarlo è Giampiero, che prima ha dovuto affrontare la policitemia vera e poi la mielofibrosi

Giampiero Garuti è uno dei molti pazienti affetti da neoplasie mieloproliferative, un gruppo di malattie oncologiche del sangue la cui origine è ascrivibile a un’aberrazione delle cellule staminali che generano i globuli rossi, i globuli bianchi e le piastrine. Per anni, Giampiero si è battuto con le conseguenze di questo gruppo di malattie, passando da un’iniziale diagnosi di trombocitemia essenziale a una di policitemia vera, fino a quella di mielofibrosi. “Il mio calvario clinico è iniziato circa venticinque anni fa, con dei semplici esami del sangue per la ricerca del Citomegalovirus”, spiega Giampiero. “I risultati emersi nel quadro generale hanno messo in evidenza un valore elevato di ematocrito e una marcata iperpiastrinemia (alto livello di piastrine nel sangue). Tuttavia, queste anomalie non furono considerate significative e, pertanto, furono ignorate dal mio medico di famiglia”.

Sulla base dei favorevoli risultati ottenuti, Italfarmaco prevede di dare presto avvio allo studio chiave di Fase III

Milano - Nel corso del 59° Congresso annuale dell’American Society of Hematology (ASH), recentemente tenutosi ad Atlanta (Georgia, USA), Italfarmaco ha presentato i positivi risultati di due studi clinici imperniati sull’uso di givinostat in pazienti affetti da policitemia vera. Givinostat è un inibitore orale delle istone deacetilasi (HDAC) di classe I e II messo a punto da Italfarmaco. Attraverso la modulazione di crescita, differenziazione e apoptosi cellulare, e l'inibizione dei meccanismi di proliferazione che riguardano le cellule in cui sia stata riscontrata la presenza della mutazione V617F nel gene JAK2, givinostat è un farmaco potenzialmente in grado di modificare la malattia nei pazienti con policitemia vera.

Prof. Francesco PassamontiProf. Francesco Passamonti (Varese): “La malattia è sostenuta da un’alterazione genetica scoperta nel 2005 dal nostro gruppo di ricerca, in collaborazione con i ricercatori di Basilea, e riguarda il gene JAK2

Nei thriller che vediamo al cinema e nelle serie TV incentrate su strani misteri da risolvere spesso il punto di partenza della storia – a volte anche molto ricca e complessa – è dato da un dettaglio infinitesimale, microscopico, all’apparenza del tutto trascurabile che, invece, scopriamo avere un significato inestimabile. Esistono branche della medicina, come l’ematologia, in cui accade più o meno lo stessa cosa. È il caso della scoperta della mutazione somatica nel gene Janus Kinase 2 (JAK2), che ha cambiato la storia e la gestione clinica dei pazienti affetti da policitemia vera (PV).

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