La policitemia vera è una rara neoplasia mieloproliferativa a decorso lento e progressivo. Per capire di cosa si tratta possiamo iniziare esplorandone l’etimologia: Poli sta per “molti”, cito sta per “cellule” ed emia è il suffisso che indica il “sangue”. Letteralmente, policitemia significa “molte cellule nel sangue”. C’è poco da aggiungere a riguardo perché la policitemia vera è una malattia che si evidenzia con un elevato grado di eritrocitosi (aumento dei globuli rossi), trombocitosi (aumento delle piastrine) e con una leucocitosi (aumento dei globuli bianchi) di grado variabile. La prima e più evidente problematica connessa a questa malattia è l’insorgenza di eventi trombotici, che si manifestano in qualcosa più del 30% dei pazienti includendo soprattutto infarti del miocardio, ischemie celebrali e trombosi delle vene profonde. Gran parte dei pazienti lamenta sintomi come cefalee, dolori ossei, prurito e calo ponderale e in molti si osserva un aumento delle dimensioni della milza (splenomegalia). Alla fase attiva appena descritta può seguire una fase spenta, nella quale si osserva una riduzione dei valori ematologici e un aumentato grado di fibrosi del midollo, definibile come mielofibrosi post-policitemica.
Una volta compreso il carattere della malattia non è difficile attribuire il giusto peso alla diagnosi precoce che deve essere posta in accordo ai più aggiornati criteri stabiliti dal WHO, pubblicati nel 2016 sulla celebre rivista Blood. Tali criteri sono stati rinnovati rispetto alla versione precedente, aggiungendo alcune importanti modifiche frutto anche dell’intervento della scuola italiana. “La principale differenza rispetto al passato consiste nell’abbassamento del valore soglia di emoglobina ed ematocrito” – spiega il prof. Guido Finazzi, Responsabile Unità Semplice Malattie Mieloproliferative Croniche della U.O.C. di Ematologia dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo – “In precedenza, il livello soglia di emoglobina per gli uomini era 18,5 g/dL mentre per le donne era 16,5 g/dL. Con la nuova revisione del WHO il valore limite è sceso rispettivamente a 16,5 e 16 g/dL. Il nuovo valore soglia dell’ematocrito, invece, è superiore al 49% negli uomini e al 48% nelle donne. Il significato di questa scelta è insito nella volontà di includere anche i soggetti affetti dalla cosiddetta policitemia vera mascherata [masked polycithemia, N.d.R.], una forma con caratteristiche istologiche e molecolari simili alla classica policitemia ma caratterizzata da inferiori livelli di emoglobina. Questo consente una diagnosi precoce: i pazienti ricevono la diagnosi in tempi più rapidi, quando il livello di emoglobina è appena al di sopra del normale, e quindi accedono prima alla terapia. I dati indicano che, specialmente nei soggetti più giovani, questo è molto utile a prevenire complicanze cardiovascolari”.
Il secondo criterio diagnostico per la policitemia vera deriva dall’esito della biopsia midollare, che in passato, era considerato un criterio minore ma che, in presenza di valori di emoglobina più bassi e ad un maggiore rischio di confusione con altre patologie, è divenuto un importante ed affidabile parametro di riferimento. “Il terzo criterio è la presenza della mutazione molecolare V617F di JAK2, considerata patognomica perché presente nel 95% dei soggetti” – aggiunge Finazzi – “Infine, è presente un ulteriore criterio minore dato dal livello di eritropoietina che deve essere più basso del normale, perché nel momento in cui il midollo osseo produce un eccesso di globuli rossi l’organismo risponde riducendo la produzione di eritropoietina, l’ormone che stimola appunto la crescita dei globuli rossi”. La formulazione della diagnosi di policitemia vera richiede la presenza di tutti e tre i criteri maggiori oppure dei primi due più un valore di eritropoietina più basso per quel 5% dei casi in cui non sia presente la mutazione di JAK2. Tali criteri sono stati diffusamente accettati e sono stati recepiti anche nelle raccomandazioni attuali per la diagnosi e la terapia delle malattie mieloproliferartive, prodotte dagli esperti statunitensi ed europei dell’European Leukemia Net. La sempre più radicata abitudine nella popolazione generale di eseguire esami del sangue di controllo aiuta a scoprire la malattia anche in maniera casuale nei soggetti asintomatici. “Il sospetto della malattia è posto nella grande maggioranza dei casi da un aumento dell’emoglobina o dell’ematocrito” – precisa Finazzi – Più raramente il soggetto può presentare un evento clinico, che di solito è una trombosi, riconducibile alla policitemia vera e che induca ad eseguire un esame di approfondimento”.
Nel caso di sospetto diagnostico di policitemia vera i pazienti devono essere indirizzati a un ematologo esperto. In Italia tutti i centri ospedalieri di ematologia sono in grado di offrire ai pazienti un corretto percorso diagnostico e terapeutico per la policitemia vera. I principali centri d’eccellenza, distinti in maniera particolare per l’attività di ricerca scientifica, fanno parte delle reti di AGIMM e GIMEMA.
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