I globuli bianchi sono tornati nella norma. Da qui partirà un nuovo studio clinico per chi ha questa mutazione, identificabile con test genetico
USA – Da una felice intuizione di un medico americano potrebbe nascere una terapia specifica per i pazienti affetti da un raro tumore del sangue, la leucemia neutrofila cronica che presentano una specifica mutazione genetica. La possibilità è stata presentata da un recente articolo pubblicato sul New England Journal of Medicine. La possibilità di una terapia è ancora da verificare, perché la supposizione si basa su un solo caso clinico, quello che è certo, però, è che è stato individuato un nuovo test genetico capace di individuare con esattezza la presenza di questa mutazione coinvolta nella patologia.
La mutazione rappresenta, infatti, il tallone d'Achille di tale patologia e ha consentito, ai medici della University of Colorado Cancer Center, di prescrivere un trattamento mirato mai utilizzato prima in pazienti affetti da questo tumore raro del sangue, che colpisce nello specifico i neutrofili (cellule specializzate del sistema immunitario).
"Sono un appassionato di sport, di snowboard. Così quando ho perso qualche chilo, a causa di quello che poi si è rivelato il cancro non diagnosticato, sono stato inizialmente contento. Ero più leggero e riuscivo a guidare meglio, a saltare meglio" A raccontarlo è il paziente che è stato oggetto di questo trattamento. Dopo l’iniziale dimagrimento il paziente si sottopose ad un esame del sangue, che evidenziò un numero di globuli bianchi di gran lunga superiore al range di normalità e il suo medico, non riuscendo a trovare una causa, decise di aspettare ed osservare l’evolvere della situazione. Un paio di mesi più tardi, però, un altro esame del sangue mostrò che il suo conteggio di globuli bianchi era ancora più elevato.
“A questo punto – racconta l’uomo - decisi di andare alla University of Colorado Hospital".
Lì incontrò Daniel A. Pollyea, ricercatore al centro per il cancro e co-autore di quello che sarebbe diventato il recente studio pubblicato e che rilevò che il paziente era affetto da una forma atipica della malattia.
"Il paziente era stato mandato da un medico all'altro con informazioni errate e il suo emocromo stava andando in una brutta direzione a causa della progressione della leucemia – racconta il medico che ha poi avuto la felice intuizione. Pollyea ha lavorato a lungo sui tumori del sangue e ha una grande esperienza nel ramo così decise, insieme al suo team, di prelevare un campione dal paziente e di inviarlo all’Università dell’Oregon, con cui collaborava, per eseguire il test di identificazione della mutazione genica causa di questo tipo di tumore.
Il sequenziamento mostrò una mutazione in un gene che produce una proteina chiamata fattore stimolante le colonie 3 (CSF3R). Le cellule con questa mutazione hanno una crescita incontrollata nel midollo osseo, causando la leucemia.
LA TERAPIA
Nello stesso periodo alcuni studi rivelarono che un farmaco, Ruxolitinib, di Novartis, potrebbe colpire le cellule con questa mutazione. Approvato, pochi mesi prima, per il trattamento di un'altra condizione patologica (è approvato, infatti, per la mielofibrosi), il farmaco non era stato precedentemente considerato come un trattamento per questo tipo di leucemia. Ma Pollyea e colleghi decisero che valeva la pena di provare con tale principio attivo.
"Non c’erano buone alternative se non quello di utilizzare il Ruxolitinib – racconta Pollyea nell’articolo - Il nostro paziente è stata la prima persona con questa malattia a ricevere questo trattamento. Il suo numero di globuli bianchi è diminuito ed i suoi sintomi sono praticamente scomparsi”.
Sia il paziente che il medico sono chiari su un punto: "cura" è una parola imprecisa da utilizzare in questo caso, finora si può parlare di “miglioramento durevole”. Questa esperienza servirà ora come base di uno studio clinico e al fine di utilizzare nuove terapie mirate per il trattamento di pazienti che presentano questa rara mutazione.
Comunque, grazie ai risultati ottenuti con tale paziente, si può affermare l’esistenza di un test genetico in grado di identificare con certezza la mutazione causa della Leucemia Neutrofila Cronica e l’esistenza di un trattamento per tale forma tumorale.
Questo è un grande passo in avanti nell’ambito della terapia per i tumori rari
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