Alessandra Sbarra

Alessandra Sbarra, presidente ASAA: “Si può scherzare sull’alopecia? Certamente. Ma per farlo bisogna aver costruito una relazione che lo consenta” 

Un atto liberatorio, una sorta di rivalsa: così è stato vissuto dalle persone affette da alopecia lo schiaffo di Will Smith a Chris Rock alla Notte degli Oscar. Il comico aveva scherzato sulla testa rasata di Jada Pinkett, moglie di Will Smith, con un riferimento al film “Soldato Jane”. Una battuta che l'attrice non ha gradito: dal 2018, infatti, le è stata diagnosticata l'alopecia. A riferire quale è stata la reazione dei pazienti italiani che hanno visto in TV lo schiaffo di Will Smith è la dr.ssa Alessandra Sbarra, psicoterapeuta e presidente di ASAA, Associazione Sostegno Alopecia Areata.

Il gesto di Will Smith, seppure condannato e non giustificabile, è stato vissuto da molte persone che seguono i nostri canali social come una rivalsa per tutti coloro che si sono sentiti umiliati e derisi. Per tutte le volte in cui si sono sentiti dire che “è meglio indossare una parrucca per accedere al mondo del lavoro”, oppure “io non gioco con una bimba pelata”, “è solo stress” o “sono solo capelli”. Questa malattia porta con sé tanto dolore, e imparare a conviverci richiede forza e coraggio. Si può scherzare sull’alopecia? Certamente. Ma per farlo bisogna aver costruito una relazione che lo consenta e in cui sia chiaro un messaggio: non so che cosa stai passando ma lo rispetto”, spiega Alessandra Sbarra.

Per rispondere al bisogno di uscire dall’isolamento e dalla vergogna che frequentemente si associano a questa patologia, il 27 settembre 2008 nasce l'associazione ASAA dalla volontà di un gruppo di pazienti formatosi spontaneamente. Il vissuto che accomuna le persone che soffrono di alopecia areata è infatti quello di essere percepiti come alieni, come gli unici esseri viventi portatori di queste caratteristiche: da qui sorge la necessità di unirsi, confrontarsi e supportarsi.

“ASAA nasce per fornire sostegno alle persone che soffrono di alopecia areata, nelle sue differenti forme, e ai loro familiari. Per fare ciò, essendo un’associazione nazionale, abbiamo creato dei gruppi Facebook chiusi di auto-mutuo-aiuto”, prosegue la dr.ssa Sbarra. “Da sempre, e come tratto distintivo, abbiamo un occhio di riguardo verso i genitori di bambini e bambine affetti da questa patologia. La nostra esperienza, infatti, ci porta a pensare che le sfide evolutive cui un bambino con alopecia è sottoposto, e il suo benessere psicofisico, passino obbligatoriamente dall’accettazione e dal benessere del contesto familiare. Pertanto, nel tempo, abbiamo organizzato eventi e laboratori per genitori, lavorando su tematiche quali il senso di colpa, l'accettazione e la costruzione di nuovi equilibri. Un altro importante obiettivo è la sensibilizzazione: crediamo infatti che l’alopecia possa e debba diventare una differenza tra le tante, un tratto distintivo ma non discriminante e, perché ciò sia possibile, deve essere visibile”.

Una delle iniziative che ha contribuito fortemente a raggiungere questo scopo è stata la mostra “Mettiti nei miei panni!”, in cui modelli con alopecia vestivano i panni di divi del rock e celebrità, che ha fatto tappa a Bologna, Siracusa, Schio (Vicenza), Colorno (Parma) e Verona. Sempre in questa direzione, nel 2016, l'associazione ha collaborato con Saverio Tommasi, giornalista freelance di Fanpage, alla pubblicazione del video “Le donne dalla testa scalza”.

“Credo che le difficoltà maggiori che le persone con alopecia areata incontrano nella vita quotidiana e a livello psicologico siano legate all’incertezza e all’invisibilità. Improvvisamente, e spesso molto rapidamente, ci si trova catapultati in una dimensione di cui nessuno sembra sapere nulla, neppure i medici”, continua la presidente di ASAA. “Non ci sono cure ma solo possibili trattamenti, non c’è un protocollo da seguire né un monitoraggio in itinere. La sensazione è quella di essere abbandonati a sé stessi, in balia degli eventi. A livello fisico si può sperimentare un forte senso di bruciore al cuoio capelluto, un fastidio agli occhi nel momento in cui cadono le ciglia, o alle unghie quando si spezzano a metà. I risvolti psicologici sono molto pesanti e possono sfociare in stati ansioso-depressivi. Il disagio maggiore è legato allo stravolgimento dell’immagine di sé, poiché, nei casi più gravi, si fa fatica a riconoscersi allo specchio”.

La patologia è stata oggetto di numerose iniziative parlamentari: solo in questa legislatura sono state presentate le interrogazioni di Gabriella Giammanco al Senato e quelle di Nunzio Angiola, Luigi Iovino e Salvatore Deidda alla Camera. Lo scorso anno c'è stata anche una risoluzione adottata dalla XII Commissione (Affari Sociali) della Camera. L'Emilia Romagna, inoltre, è la prima regione italiana ad aver riconosciuto l'alopecia areata come patologia autoimmune cronica e invalidante, con agevolazioni fiscali sull'acquisto di parrucche e protesi.

I costi di questa patologia, infatti, sono molto alti: dalle protesi alla dermopigmentazione per la ricostruzione delle sopracciglia, dagli esami diagnostici per comprendere che cosa sia accadendo alle visite dermatologiche, fino ad arrivare ai farmaci, molto spesso a pagamento. “Da anni, ASAA chiede al Ministero della Sanità l’inserimento dell’alopecia areata nei LEA, in quanto patologia rara e recidivante. Questo passaggio è cruciale, in primis per dare dignità a una malattia autoimmune su base genetica che, al momento, per il Servizio Sanitario Nazionale non esiste”, conclude Alessandra Sbarra. “In secondo luogo, è importante per poter avere un’esenzione per patologia e non essere costretti a pagare per ausili come le parrucche, che non sono un vezzo ma, in molti casi, l’unico mezzo per riappropriarsi della quotidianità perduta”. 

Leggi anche: “Alopecia areata: gli studi clinici in corso nel mondo”.

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