Cromosoma Sindrome trico-rino-falangea

La storia di Carlo e Francesca, che dopo anni di difficoltà scolastiche hanno scoperto di essere affetti da un’anomalia cromosomica

Quando un bambino ha difficoltà a scuola, che sia colpa di una malattia rara non è la prima ipotesi che viene in mente. Eppure esistono patologie e mutazioni genetiche che possono portare a difficoltà nell’apprendimento: è il caso della sindrome trico-rino-falangea, causata da una perdita di materiale genetico a carico del braccio lungo del cromosoma 8 e della quale sono affetti due figli (su tre) della signora Celeste, che ha deciso di condividere la sua storia con Osservatorio Malattie Rare.

La variabilità e gravità del quadro clinico di questa patologia sono correlate all’ampiezza della regione cromosomica deleta, in quanto la quantità di materiale genetico perso può variare da soggetto a soggetto. Tipicamente chi ne è affetto presenta bassa statura, capelli radi, naso globoso, epifisi “a cono'' e un importante accorciamento di tutte le ossa delle falangi, dei metacarpi e dei metatarsi. Ne esistono tre forme: la prima e la terza si differenziano essenzialmente per il grado di gravità (la terza è la forma più severa, con statura molto bassa e brachidattilia particolarmente marcata); la seconda porta con sé anche deficit cognitivi e delle esostosi (escrescenze di tessuto osseo).

“Sono rimasta vedova molto giovane, e dopo essermi dedicata a lungo a mio marito, che era malato di cancro, sono rimasta da sola con i nostri tre figli”, racconta Celeste (il nome è di fantasia, così come lo sono i nomi dei suoi figli, per tutelare l’identità dei minori). “Nostro figlio maggiore non ha mai presentato problemi particolari o difficoltà a scuola, invece gli altri due, un maschio e una femmina, sì. In particolare Carlo era molto lento ad apprendere, e spesso rinunciava a studiare per evitare rimproveri da me o dai suoi insegnanti. Dopo due bocciature, i professori mi consigliarono di fargli abbandonare gli studi e di mandarlo a lavorare: all’epoca (si parla dei primi anni 2000, in quanto Carlo oggi ha 35 anni), non si conoscevano i vari disturbi dell’apprendimento, come l’ADHD o la dislessia, e si arrivava subito alla conclusione che un ragazzo con dei problemi a scuola semplicemente non avesse voglia di studiare. Con mia figlia Francesca, più giovane, la storia si ripete fino ad un certo punto: anche lei presentava le stesse difficoltà del fratello, gli insegnanti mi dicevano che era timida, svogliata, che probabilmente aveva subito dei traumi. Che entrambi avessero un disturbo dell’apprendimento l’ho intuito da sola. Non capacitandomi della situazione, un giorno, mi misi a fare delle ricerche in Internet, e contattando un sito mi indirizzarono ad un genetista romano: fu la luce”.

“Una volta presi i contatti con questo specialista – prosegue Celeste – i due ragazzi vennero sottoposti ad alcuni esami genetici, scoprendo così la delezione nel braccio lungo del cromosoma 8 e, con essa, la sindrome trico-rino-falangea. Per Carlo ormai era troppo tardi, dato che aveva già terminato gli studi, ma ora almeno avevo gli strumenti per aiutare mia figlia Francesca, che nel frattempo era stata anche lei bocciata: le venne fatta la certificazione per disturbo specifico dell’apprendimento (DSA) e fu così facilitata nello studio. Per questo motivo però, si vergognava in classe, perché temeva di essere discriminata, e per un anno ha fatto un percorso con una psicologa per accettare la sindrome. Non solo si è diplomata, ma si è anche laureata in scienze dell’educazione, nonostante tutto: l’ha aiutata molto l’utilizzo delle mappe concettuali. Oggi lavora in un asilo nido, ed è stata la più grande conquista. Carlo invece porta avanti l’azienda di famiglia insieme al fratello maggiore, che lo aiuta quando è in difficoltà”.

“Non ho avuto mai la possibilità – spiega Celeste – di stabilire con certezza da chi Carlo e Francesca abbiano ereditato la delezione che ha causato questa sindrome, in quanto io non ne sono portatrice e mio marito è mancato prima che ricevessimo la diagnosi, ma l’ipotesi più plausibile è che l’abbiano ereditata proprio da lui. Come Carlo e Francesca, aveva le dita delle mani tozze, la mandibola stretta e i denti accavallati, dismorfismi tipici della sindrome trico-rino-falangea”.

Oggi Celeste è presidente di un’associazione per le neurodiversità che opera a Napoli: “Ci occupiamo di bambini con disabilità o svantaggiati, organizziamo attività per loro e dei laboratori affinché non finiscano sulla strada e portiamo avanti alcune battaglie affinché tutti i genitori possano usufruire delle terapie necessarie a carico del SSN, nonostante le liste d’attesa lunghissime. L’esperienza con i miei figli – conclude Celeste – mi ha portato a volere aiutare anche altre persone in difficoltà”.

Chi volesse contattare Celeste può contattare la redazione di OMaR all’indirizzo e-mail Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

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