La fortuna di Antonella, 41enne romana, è stata quella di aver lavorato, in gioventù, in ambito nautico. Proprio per via del suo lavoro, prima di imbarcarsi, per prassi Antonella doveva farsi gli esami del sangue. E in uno di questi controlli, a 22 anni, scopre che qualcosa non va, anche se solo 7 anni dopo riuscirà a dare un nome alla sua patologia: anemia di Fanconi, una malattia rara caratterizzata da pancitopenia (carenza di tutti i tipi di cellule del sangue, come globuli bianchi e rossi), ritardo dell’accrescimento, malformazioni e tendenza a sviluppare tumori, in particolare leucemie, tumori della testa e del collo e, negli individui di sesso femminile, tumori dell’apparato genitale.
La patologia si manifesta in età scolare, ha un andamento progressivo ed è geneticamente eterogenea: sono 15 i geni ad oggi identificati che sono coinvolti nella sua insorgenza. Uno di questi si trova sul cromosoma X: in questo caso, la malattia si trasmette con modalità recessiva legata all’X. Negli altri casi la malattia si trasmette con modalità autosomica recessiva, per cui si manifesta solo se il bambino (maschio o femmina) eredita le copie alterate del gene coinvolto da entrambi i genitori. Ad oggi, per l’anemia di Fanconi non esiste nessuna cura. L’unica terapia possibile è il trapianto di midollo osseo o di cellule staminali emopoietiche da cordone ombelicale (in entrambi i casi da donatore compatibile).
“Ricordo ancora i valori di quegli esami”, racconta Antonella. “Avevo i globuli rossi e bianchi bassissimi, così come le piastrine. Ovviamente non mi sono potuta imbarcare. E da qui è cominciata la ricerca della diagnosi. Inizialmente i medici diedero la colpa alla mancanza di vitamina B, e mi prescrissero degli integratori, ma non servirono a nulla. La diagnosi iniziale fu di aplasia midollare. Quindi passai alle cure con cortisone e ciclosporina e alle infusioni di siero… insomma provai varie terapie, ma con scarsissimi risultati. Nel frattempo tenevo sotto controllo l’emocromo, e ogni tanto, quando era necessario, dovevo ricorrere a delle trasfusioni di sangue. Poi la situazione degenerò e divenne indispensabile trovare un donatore di midollo osseo. Il donatore arrivò dopo 3 anni di ricerche, nel 2012, da Israele: mi piace definirlo ‘il mio angelo’ o il mio ‘fratellino genetico’. Mi ha salvato la vita. Nel frattempo, finalmente, dopo 7 anni ricevetti anche la corretta diagnosi di anemia di Fanconi”.
“Il primo anno e mezzo dopo il trapianto – spiega Antonella – è stato molto difficile, continuavo ad essere soggetta ad infezioni. Poi però mi sono ripresa, è stata lunga ma ad oggi posso dire che il trapianto è andato bene. Noi affetti da anemia di Fanconi siamo 'cromosomicamente fragili', e siamo esposti a maggiori rischi rispetto ad una persona sana. Dobbiamo sottoporre a controlli frequenti tutto l’organismo perché, ad esempio, abbiamo un maggior rischio di sviluppare tumori alla lingua e alla bocca. Ad oggi, però, i controlli sono diventati la normalità e ho riacquistato una vita che avevo dimenticato di avere, perché in passato molto limitata. Prima dovevo sempre andare in giro con l’antibiotico, e mi affaticavo spesso… oggi vivo molto più tranquillamente”.
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