Testata in un modello animale, la molecola sembra poter essere in grado di contrastare alcuni effetti della patologia
La finasteride è un farmaco, per l’esattezza un inibitore dell'enzima 5-alfa-reduttasi, utilizzato per trattare l'iperplasia prostatica benigna e l'alopecia androgenetica: pur essendo efficace per questi disturbi, il trattamento è associato ad alcuni effetti collaterali transitori che in rare occasioni diventano persistenti e vengono descritti come sindrome post-finasteride (PFS). A causa dell’aumento dei casi di questa patologia, negli ultimi anni diverse sperimentazioni sono state portate avanti nel mondo: stando ai dati della PFS Foundation, sono ben 58 gli studi pubblicati sul tema nell’ultimo decennio. Uno dei più recenti riguarda una sperimentazione preclinica, condotta su modello murino, sull’efficacia della somministrazione di allopregnanolone (ALLO) nel contrastare gli effetti collaterali della finasteride.
Sono 18991 i casi di effetti collaterali legati all’assunzione di finasteride riportati nel mondo (Fonte: WHO Programme for International Drug Monitoring): la maggior parte riguardano disfunzioni sessuali (16%) e disturbi della sfera psichiatrica (11%), come ansia, depressione e problemi cognitivi. Anche se nell’ultimo decennio gli studi sono aumentati e sono stati definiti dei criteri diagnostici, la sindrome post-finasteride resta ancora una malattia poco chiara e non riconosciuta. Per quanto riguarda il nostro Paese, solo un anno fa la senatrice Paola Boldrini (PD) ha presentato un'interrogazione parlamentare sul tema.
Uno degli esperti impegnati su questo fronte, e supervisore dello studio sull’allopregnanolone, è l’italiano Roberto Cosimo Melcangi, dell’Università degli Studi di Milano, professore di endocrinologia e ricercatore nel campo della PFS e delle disfunzioni sessuali post-SSRI.
Il nuovo studio preclinico, condotto in esemplari di ratti maschi adulti, si è focalizzato sugli effetti del trattamento cronico con finasteride (20 giorni) e della sua sospensione (30 giorni) sui livelli di steroidi, neurotrasmettitori, citochine pro-infiammatorie e marcatori della permeabilità intestinale. Dai risultati dell’indagine, pubblicati sulla rivista scientifica biomolecules, è emerso che dopo il trattamento con finasteride e la sua sospensione sono diminuiti i livelli di allopregnanolone, con un correlato aumento di citochine (interleuchina 1-beta e fattore di necrosi tumorale alfa) e di serotonina, e una diminuzione della dopamina. È stato poi rilevato che la somministrazione di ALLO sembra in grado di contrastare alcune di queste alterazioni.
La molecola protagonista della sperimentazione, l’allopregnanolone, è un metabolita neuroattivo sintetizzato a partire dal progesterone. È anche un neurosteroide che si lega ai recettori del neurotrasmettitore gamma-amminobutirrico (GABA) modulandone l’attività. L'ALLO esercita effetti neurogenetici, neuroprotettivi, antidepressivi e ansiolitici. Livelli ridotti di allopregnanolone sono associati a depressione maggiore, disturbi d'ansia, disturbo disforico premestruale e malattia di Alzheimer (Fonte: Science Direct).
Le caratteristiche dell’allopregnanolone risultano essere di grande interesse nella PFS perché, come spiegato nello studio, i pazienti affetti da questa sindrome riportano disfunzioni psichiatriche e andrologiche associate all’alterazione dei livelli di steroidi neuroattivi sia nel plasma che nel liquido cerebrospinale. Inoltre, le osservazioni ottenute in modelli sperimentali di PFS hanno dimostrato che la finasteride ha ampie e persistenti conseguenze anche a livello cerebrale. Dato il profondo legame esistente tra cervello e intestino, non sorprende, quindi, che il trattamento con finasteride e la sua sospensione possano influire anche sulla composizione del microbiota intestinale, principalmente a causa delle variazioni indotte dal farmaco nei livelli di steroidi neuroattivi, ma non solo. Il microbiota intestinale, poi, è a sua volta in grado di influenzare la produzione di alcuni neurotrasmettitori e di altre molecole fondamentali per il corretto equilibrio dell’organismo, e una sua eventuale alterazione può essere correlata alle disfunzioni sessuali tipiche della PFS.
In conclusione, le osservazioni ottenute nello studio forniscono, secondo gli autori, un importante background di dati che giustifica ulteriori indagini volte ad approfondire gli eventuali effetti neuroprotettivi dell’allopregnanolone nella sindrome post-finasteride, ponendo le basi per una possibile sperimentazione della molecola in pazienti affetti dalla patologia.
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