La procedura è sicura per il nascituro e permette l’individuazione di molte altre patologie rare
La Sindrome DiGeorge (Ipoplasia Timica Congenita o Monosomia 22q11) può essere diagnosticata precocemente grazie alla mappatura dettagliata del genoma del feto. Lo ha dimostrato un recente studio pubblicato su Nature, secondo il quale con questa tecnica non invasiva potrebbe essere tecnicamente possibile effettuare lo screening per molte malattie rare. Questo però per quanto riguarda la fattibilità tecnica del test, ci sarà probabilmente molto da discutere sull’opportunità ed eticità di fare questo test, soprattutto durate gravidanze che non comportano un particolare profilo di rischio.
La tecnica utilizzata dai ricercatori della Stanford University School of Medicine, la diagnosi prenatale mediante l'utilizzo di DNA fetale libero nel plasma materno, è una metodologia assolutamente non invasiva che permette la mappatura genomica e la conseguente individuazione di qualsiasi anomalia genetica.
La Sindrome DiGeorge è caratterizzata dall'insieme di diverse malformazioni: ipoplasia del timo e delle ghiandole paratiroidi, cardiopatia congenita di tipo troncoconale e dimorfismi del viso minori ma caratteristici. La sindrome velo-cardio-facciale si distingue per l'associazione di alterazioni cardiache di tipo troncoconale, palatoschisi o insufficienza del velo palatino, dimorfismi del viso e disturbi dell'apprendimento. È noto che queste due sindromi rappresentano espressioni cliniche della stessa condizione, in diverse età. La loro definizione si sovrappone a quella di microdelezione 22q11, che è presente in oltre il 95 per cento dei pazienti.
Nella popolazione generale l'incidenza stimata della microdelezione 22q11 è circa 1/5000 nati. La microdelezione 22q11 si trasmette con modalità autosomica dominante e nel 10-20 per cento dei casi uno dei due genitori è portatore della microdelezione. Tuttavia, nella maggior parte dei casi, la mutazione cromosomica è de novo.
Per ulteriori informazioni potete consultare Orphanet.
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