Il testo è stato approvato dal Consiglio dei Ministri ed è ora in esame al Senato
Il disegno di legge sull’autonomia differenziata provvede alla definizione dei “principi generali per l’attribuzione alle Regioni a statuto ordinario di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia” e delle “relative modalità procedurali di approvazione delle intese fra lo Stato e una Regione”. Lo scorso mese di maggio si è svolto un ciclo di audizioni sul testo attualmente in corso d’esame in Commissione I “Affari costituzionali” del Senato. Alle audizioni ha partecipato anche OMaR, depositando una memoria scritta. Nonostante l’iter parlamentare del disegno di legge sia ancora lontano dalla sua conclusione, riteniamo opportuno approfondire il tema, considerando l’impatto che questo Ddl potrebbe avere sul sistema sanitario italiano e sul mondo delle malattie rare.
CHE SOS’È IL DDL AUTONOMIA DIFFERENZIATA?
Il disegno di legge “Disposizioni per l'attuazione dell'autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario” non è altro che la determinazione di principi e procedure per l’applicazione dell’articolo 116 della Costituzione. Esso concede la possibilità che, su iniziativa di una Regione, questa possa negoziare maggiori forme di autonomia con lo Stato riguardo una o più materie pubbliche. Tra queste materie è annoverata anche la tutela della salute.
La concessione di una o più “forme di autonomia” è, però, subordinata alla determinazione di quelli che vengono chiamati LEP, ovvero Livelli Essenziali di Prestazione, criteri che determinano il livello di servizio minimo che deve essere garantito in modo uniforme sull’intero territorio nazionale. Di conseguenza come i LEP verranno determinati, monitorati e finanziati risulta essere un aspetto decisivo per quanto riguarda gli effetti che potrà avere questo Ddl sulla vita del Paese.
I LIVELLI ESSENZIALI DI PRESTAZIONE
La determinazione dei LEP e dei relativi costi e fabbisogni avverrà attraverso uno o più decreti del Presidente del Consiglio, ma su cosa si baserà la valutazione non è ancora del tutto chiaro. Attenendosi a ciò che si legge nella relazione illustrativa del Ddl, la determinazione dei costi e dei fabbisogni standard, e quindi dei LEP, avverrà a partire da una ricognizione della spesa storica dello Stato in ogni Regione nell’ultimo triennio. In altre parole, si determinerà il fabbisogno standard di una Regione in una data materia (ad esempio la salute) basandosi su quanto lo Stato ha speso effettivamente in quell’ambito negli ultimi tre anni. In questo modo nel processo di determinazione dei LEP si potrebbe presentare il rischio di anteporre le necessità del bilancio statale all’individuazione dei bisogni minimi ed essenziali della cittadinanza.
L’articolo 4 del Ddl precisa, inoltre, che il trasferimento delle funzioni alle singole Regioni sarà concesso solo successivamente alla determinazione e al finanziamento dei LEP. Sarebbe auspicabile che prima della concessione venissero tuttavia precisati anche dei criteri di riparto del finanziamento, che guardino all’equità e alle specifiche caratteristiche regionali.
MONITORAGGIO DEI LEP
L’articolo 7 del Ddl Autonomia indica la presenza di un meccanismo di monitoraggio del soddisfacimento dei LEP da parte delle Regioni. Questo processo di monitoraggio non presenta però alcuna scadenza periodica specificata, bensì viene semplicemente presentato come la possibilità da parte di differenti figure o enti istituzionali di effettuare verifiche o controlli su un dato settore in una data Regione.
Un meccanismo di monitoraggio efficiente è la principale garanzia nei riguardi del cittadino del completo soddisfacimento degli standard da parte della Regione in cui risiede, e di conseguenza, dell’equità di erogazione dei servizi su tutto il territorio italiano. Una maggiore sistematicità nel monitoraggio potrebbe assicurare una consequenziale maggiore aderenza delle Regioni ai LEP concordati.
IL FINANZIAMENTO DEI LEP
Ponendo il caso che una Regione richieda la gestione autonoma del proprio sistema sanitario regionale, come farebbe a sostenerne i costi? “Il finanziamento delle funzioni attribuite verrà ricavato dalla compartecipazione al gettito di uno o più tributi erariali maturato sul territorio regionale.”
In altre parole, ogni Regione che ottenga la gestione di una data materia sul proprio territorio concorda allo stesso tempo la trattenuta di una parte della fiscalità statale che viene maturata sul territorio della Regione stessa.
Questo metodo di finanziamento può bastare per sostenere le intere spese sanitarie di una certa Regione ammettendo che la Regione stessa abbia a disposizione un gettito fiscale sufficiente e sia in grado di riscuoterlo. Questa evenienza, purtroppo, non si verifica nel caso di tutte le Regioni italiane e potrebbero, quindi, essere necessari strumenti perequativi.
LE CONSEGUENZE PER LE PERSONE CON MALATTIA RARA
Considerando che il malato raro si presenta come un paziente fragile che necessita di meccanismi di presa in carico e di assistenza specifici e continui su tutto il territorio nazionale, il timore di un acuirsi della “frammentazione” dei livelli di assistenza presenti nelle differenti Regioni risulta estremamente rilevante.
L’attuale offerta di salute risente già profondamente delle differenze esistenti a livello regionale, con disparità notevoli sia per quanto riguarda l’assistenza che la presa in carico delle persone con malattia rara. Una situazione di questo tipo, oltre a rappresentare una forte forma di discriminazione delle persone sulla base del proprio luogo di residenza, genera il fenomeno della cosiddetta “migrazione sanitaria”, in base alla quale le persone con malattia rara e le loro famiglie sono costrette a spostarsi per avere accesso a terapie ed assistenza.
Paventando un peggioramento delle condizioni di assistenza e presa in carico delle persone con malattia rara, si andrebbe in direzione contraria a quanto affermato dall’articolo 1 della legge n. 175 del 2021, nota come Testo Unico sulle Malattie Rare, che mira a garantire “l'uniformità dell'erogazione nel territorio nazionale delle prestazioni e dei medicinali”. Per questa ragione, sorge una legittima apprensione riguardo alle potenziali conseguenze del Ddl Autonomia sull’equità dell’assistenza sanitaria sul territorio italiano e, più nello specifico, sull’organizzazione per la cura delle malattie rare e dei tumori rari.
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