Donne con disabilità

Da un monitoraggio UILDM tutti i dati sull’accessibilità ai controlli legati alla salute della donna 

8 marzo, Giornata internazionale della donna. Un’occasione per ricordare le conquiste sociali e politiche, ma anche un momento in cui fare, ancora di più, luce su discriminazioni e violenze.

“Gli Stati Parti riconoscono che le donne e le minori con disabilità sono soggette a discriminazioni multiple e, a questo riguardo, adottano misure per garantire il pieno ed uguale godimento di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali da parte delle donne e delle minori con disabilità. Gli Stati Parti adottano ogni misura idonea ad assicurare il pieno sviluppo, progresso ed emancipazione delle donne, allo scopo di garantire loro l’esercizio ed il godimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali enunciati nella presente Convenzione.”

È quanto recita l’Articolo 6 della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, ratificata dal Parlamento italiano con la Legge n. 18 del 3 marzo 2009. Ma quanto, nella pratica, sono davvero tutelati i diritti delle donne con disabilità? Attraverso quali strumenti?

“Il Gruppo Donne e il Gruppo Psicologi UILDM – spiega la vicepresidente di UILDM-Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare Stefania Pedroni – a fine 2020 hanno iniziato a lavorare su un progetto che coinvolge vari aspetti della vita della donna con disabilità. In particolare si vuole focalizzare l’interesse sull’accessibilità ai controlli legati alla salute della donna, con riferimenti più allargati al rapporto della persona con il proprio corpo, con la propria femminilità, con il corpo dell’altro che si esprime nella sessualità e con la possibilità di sperimentare percorsi dedicati alla maternità”.

Individuare le barriere che le donne con disabilità incontrano nei rapporti con i servizi ginecologici-ostetrici, contribuire all'empowerment e auto-rappresentazione delle persone con disabilità, abbattere gli stereotipi abilisti e sessisti riguardo la sfera della sessualità, affettività e maternità e favorire l’equità e la parità di genere e migliorare il dialogo tra istituzioni pubbliche, private e persone con disabilità. Sono questi gli obiettivi a partire dai quali UILDM si è mossa, partendo dalle testimonianze di chi tutto questo lo vive sulla propria pelle.

Il progetto, infatti, si è evoluto attraverso la somministrazione, a un campione di 131 donne con disabilità (97,7% motoria e 2,3% visiva) tra i 19 e i 74 anni, di due questionari “Rilevazione dell’accessibilità dei servizi ostetrico-ginecologici alle donne con disabilità” e “Sessualità, maternità, disabilità”, “il cui obiettivo – prosegue Pedroni – è quello di raccogliere dati sulla condizione femminile, dopo circa dieci anni dalla nostra prima indagine sul tema. In particolare, a fronte dei tanti racconti di donne con disabilità che testimoniano le difficoltà incontrate nell’accedere ai servizi di ginecologia e ostetricia, nel mondo femminile UILDM sono iniziate a comparire le prime esperienze positive”.

La sintesi delle risposte ottenute attraverso questi questionari, è stata presentata ieri durante l’evento “La salute della donna con disabilità. Accesso ai servizi e cura di sé”, con il coinvolgimento di un tavolo quasi tutto al femminile: Anna Gioria, giornalista del Corriere della Sera; Stefania Pedroni, vicepresidente nazionale della UILDM; Anna Mannara, consigliera nazionale dell’Associazione; Angelamaria Becorpi del progetto PASS (Percorsi Assistenziali per Persone con Bisogni Speciali) dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi di Firenze; Luisella Bosisio Fazzi, componente del Consiglio e del Comitato delle Donne dell’EDF, il Forum Europeo sulla Disabilità; Noemi Canavese del Gruppo Psicologi UILDM; Pete Kercher, Ambasciatore di EIDD–Design for All Europe; Ester Micalizzi, dottoranda in sociologia all’Università di Genova; Lisa Noja, deputata componente della Commissione XII Affari Sociali della Camera.

Le donne con disabilità, soprattutto motoria – spiega il report redatto da UILDM per presentare i dati emersi dall’indagine – devono spesso affrontare lo stigma e la discriminazione quando si tratta di visite e controlli ginecologici, di informazioni sulla gravidanza e sulla riproduzione e spesso hanno esperienze di servizi molto scarse e angoscianti. Molte donne con disabilità esprimono particolari difficoltà nell'accedere a un'assistenza sanitaria sessuale riproduttiva completa e di alta qualità a causa della mancanza di accessibilità dei servizi ginecologici-ostetrici, la scarsa formazione dei professionisti medici riguardo alla sessualità e riproduzione in caso di disabilità. Queste forme di disuguaglianze sanitarie di genere hanno un impatto e profonde ricadute sulla salute femminile e sul benessere psico-emotivo delle donne con disabilità.

Dall’indagine emerge che svolgono regolarmente i controlli ostetrici-ginecologici e quelli senologici il 55,6% delle donne intervistate, di cui solo il 33,6% nell'ambito di una campagna regionale o nazionale di prevenzione dei tumori femminili. Durante le visite ginecologiche solo il 31,5% delle donne riceve informazioni sulla contraccezione; mentre il 55% dichiara di non aver avuto nessun altro consiglio di contraccezione. Per quelle visite che comportano lo spostamento su un apposito lettino, il personale medico ha chiesto alla donna come voleva essere aiutata nello spostamento è il 56,15 %. Tuttavia, si riscontra la mancanza di un sollevatore disponibile o del personale formato in grado di aiutarle (83%). Nella fase preparatoria alla visita, hanno potuto usufruire di uno spogliatoio accessibile solo il 27,8% delle donne intervistate. Durante questi tipi di visite assumere determinate posizioni per l'esecuzione della visita oppure l'utilizzo di determinati macchinari ha creato difficoltà alle donne con disabilità (61,9%). Il report completo dell’indagine di UILDM è disponibile sul sito dell’associazione a questo link.

Nel caso di donne con disabilità – ha evidenziato l’Onorevole Lisa Noja, intervenuta durante l’evento di UILDM – si può parlare di discriminazione doppia.

L’On. Noja ha sottolineato come il legislatore italiano abbia ancora difficoltà a inserire una disciplina ad hoc per le donne con disabilità in tutti i provvedimenti che, in qualche modo, dispongono sulla dimensione della donna. Solo facendo questo passo in avanti, già a partire dall’elaborazione delle leggi quindi, – ha evidenziato Noja – si realizzerebbe a pieno il principio di eguaglianza sancito dall’art. 3 della Costituzione italiana.

Un impegno in tal senso, è previsto dalla Legge Delega sulla disabilità e, dunque, ha concluso l’Onorevole “il problema sta maturando ma bisogna lavorare molto affinché dalla coscienza matura si passi alla maturità di questo fenomeno”.

Eventi come quello organizzato da UILDM, insieme alle testimonianze e ai dati raccolti, sono fondamentali per compiere il passo innovativo che serve, anche per quel che riguarda il problema della violenza contro le donne con disabilità, ancora troppo trascurato, che è emerso durante l’evento sui 30 anni della legge 104 del 1992, organizzato da OMaR-Osservatorio Malattie Rare lo scorso 4 febbraio, ma non solo.

Nell’autunno 2021, il Ministero per le disabilità aveva infatti indotto una consultazione pubblica al fine di raccogliere dei contributi sulle tematiche inerenti la disabilità, a cui anche OMaR-Osservatorio malattie rare ha partecipato. Il coinvolgimento dello Sportello Legale OMaR è maturato, in particolare, a seguito dell’audizione in Commissione XII affari sociali, Camera dei Deputati, in materia di “Disegno di legge recante Delega al Governo in materia di disabilità”, con proposte sulla revisione della Legge 104/92, Legge 112/2016 (c.d. Dopo di noi) e Caregiver familiare. Il testo completo dell’audizione è disponibile a questo link.

Dopo la raccolta dei contributi, è stato elaborato un report riepilogativo delle proposte presentate, tra cui alcune a tutela delle donne con disabilità. Per fronteggiare il problema della violenza contro le donne con disabilità, sempre più attuale e troppo poco considerato, viene proposto innanzitutto di potenziare la rete di sportelli antiviolenza e i CAV presenti in Italia per accogliere e dare sostegno a donne con disabilità fisica e intellettiva vittime di violenza che subiscono una multidiscriminazione. L’ideale sarebbe – è emerso dalla consultazione – creare un team di esperti qualificato e formato sulle possibili dinamiche di violenza; eliminare le barriere architettoniche; creare dei supporti inclusivi quali ad esempio il traduttore LIS e la segnaletica in braille; creare un numero per le emergenze da poter contattare sempre; strutturare politiche e campagne per la sensibilizzazione verso la tematica.

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