Sidoli (Assobiotec): “Purtroppo le nostre istituzioni non hanno ancora colto l’opportunità”
"L’industria biotech è in grado di sostenere il rilancio competitivo del Paese, grazie alla sua capacità di produrre innovazione, impresa ed occupazione. Il settore, di per sé anticiclico, ha retto bene alla congiuntura economico-finanziaria internazionale, aumentando il fatturato e gli investimenti in ricerca, grazie ai quali l’Italia ha oggi un posizionamento internazionale di tutto rilievo, essendo il terzo paese europeo per numero di imprese dedicate”. Così Alessandro Sidoli, presidente di Assobiotec, l’Associazione nazionale per lo sviluppo delle biotecnologie (oltre 120 associati tra aziende e parchi scientifici e tecnologici), ha cominciato questa mattina la sua relazione in occasione dell’Assemblea annuale.
Nel corso di questo appuntamento è stato anche attribuito l’Assobiotec Award 2011 a Telethon per lo straordinario impegno, dal 1990, nel favorire in Italia la ricerca scientifica sulla distrofia muscolare e le altre malattie genetiche, oltre che l’avanzamento di terapie innovative al servizio dei pazienti. Non va dimenticato infatti che quella tra il mondo biotecnologica e la lotta alle malattie rare è una alleanza molto forte, sono tantissimi i farmaci attualmente in sviluppo grazie alle nuove tecnologie per dare terapie alle persone affette da malattia rare, molti in questi anni sono già stati approvati e messi in commercio.
Il settore del biotech tuttavia non sfutta ancora appieno le sue potenzialità, più che altro perché – dicono ad Assobiotec – sono mancati fino ad oggi gli adeguati supporti da parte delle istituzioni.
Sidoli ha infatti sottolineato l’importanza per l’Italia di investire in conoscenza, risorsa primaria per lo sviluppo di una nazione, sul modello dei paesi più avanzati, Stati Uniti, Germania e Giappone, ma anche di realtà in via di sviluppo come Brasile, India e Cina che puntano proprio sugli investimenti in conoscenza nei settori più innovativi – ICT, biotecnologie, nanotecnologie – per stimolare la crescita. “Investire nelle biotecnologie significherebbe rendere più competitivo un quinto del nostro prodotto nazionale, e migliorare direttamente le condizioni di lavoro di 1 lavoratore su 10 – ha detto – eppure nonostante le eccellenze italiane, da Nord a Sud, le nostre Istituzioni non hanno saputo vedere e di conseguenza cogliere le opportunità che le biotecnologie possono offrire”.
Una denuncia forte che era già emersa poche settimana fa in occasione della presentazione del rapporto annuale sulle biotecnologie. Una critica ma non priva di elementi propostivi, che l’associazione di Federchimica ha più volte messo sul tavolo.
“Bisogna agire su due direttrici: finanziamenti per la ricerca e supporto all’innovazione, definendo in primo luogo le aree industriali prioritarie ed impostando di conseguenza un piano strategico con una prospettiva di 5-10 anni, che preveda interventi di sostegno agli investimenti in R&S industriale, da attuare con meccanismi di gestione semplici, prevedibili ed efficienti. Per quanto riguarda l’innovazione, dobbiamo riconoscere il valore dei prodotti innovativi quando arrivano sul mercato. Non si può e non si deve ignorare che la capacità delle nostre imprese di investire in ricerca si tutela anche garantendo loro la possibilità di avere adeguati ritorni sui prodotti che sviluppano. È necessario – ha inoltre aggiunto - e intervenire per aiutare i processi di consolidamento delle imprese: in questo ambito chiediamo che la Cassa Depositi e Prestiti, recentemente riformata, allarghi esplicitamente l’attenzione alle piccole imprese altamente innovative, il vero cuore della competitività del nostro Paese. In modo analogo a quanto ha fatto il Fondo strategico di investimento francese, che ha investito ed investe, tra le altre cose, proprio nelle piccole imprese innovative ad alta intensità di ricerca, in un’ottica di sviluppo di sistema”.
Sidoli ha inoltre sottolineato l’importanza di intervenire con misure di supporto come il credito d’imposta sulle spese di ricerca, portandolo al 20 per cento per le spese interne e del 40 per cento per tutte quelle commissionate a centri di ricerca, su un ambito temporale di 5 anni e con regole certe. Inoltre “Serve sostenere le imprese innovative adottando lo status di ‘Piccola Impresa Innovativa’ – ha detto - che garantisca specifiche agevolazioni proprio per le tante realtà di questo tipo, che producono conoscenza e innovazione pervasive, soprattutto nelle aree tecnologiche, contribuendo alla competitività generale del Paese. Per quieste ultime, come in altri Paesi europei, le percentuali di credito d'imposta dovranno essere più alte: il ritorno, però, sarà per l'intero Paese”.
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