“La sorveglianza dello stato di salute del nuovo nato va sistematicamente attuata con controlli ravvicinati per tutto il primo mese di vita” – afferma il Presidente della SIN, Costantino Romagnoli – “un processo che coinvolge il neonatologo ed il pediatria di famiglia e di cui vanno, attraverso idonee raccomandazioni, fissate le modalità e la tempistica”
Firenze - In Italia nascono oltre 500.000 neonati all’anno e grazie ai grandi progressi della neonatologia la mortalità neonatale è a livelli minimi, tra le migliori in Europa, 2,72 per 1000 nati (Rapporto Cedap– Ministero della Salute 2013). Il XIX Congresso Nazionale della Società Italiana di Neonatologia (SIN), ora in corso a Firenze, focalizzerà l’attenzione sui neonati cosiddetti “normali”, molto spesso trascurati, che rappresentano la maggior parte dei nuovi nati e che sono il futuro della nostra società civile.
La nuova sfida, secondo i neonatologi italiani, è la prevenzione delle malattie neonatali più diffuse: cardiopatie congenite, encefalopatie, la sepsi e l’ittero.
Quattro “pericoli” per il neonato che la SIN, la Società Italiana di Neonatologia, ha identificato con quattro colori differenti che saranno sempre più caratterizzanti il linguaggio degli screening neonatali: blu, bianco, grigio e giallo.
Gli eventi legati alla transizione dalla vita intrauterina a quella extrauterina, se considerati nella loro globalità, si realizzano in un esteso arco temporale. Ne deriva che eventuali disordini dell’adattamento hanno diversificati periodi di latenza prima di raggiungere l’espressività clinica.
Il giudizio clinico di normalità che è possibile formulare alla nascita è, pertanto, necessariamente provvisorio e va confermato da successive osservazioni. In altri termini il neonato “apparentemente” sano alla nascita presenta, almeno teoricamente, tutta una serie di rischi potenziali di turbative del processo di adattamento alla vita extrauterina, che vanno sistematicamente escluse mediante una procedura di follow-up clinico ben
definita.
Quello della SIN è un tentativo di sistematizzare i rischi potenziali, “i pericoli”, che interessano il neonato nelle prime ore della vita; dal pericolo “bianco” delle encefalopatie neonatali e degli errori congeniti del metabolismo a quello “blu” delle cardiopatie congenite; dal pericolo “grigio” causato dalle sepsi neonatali, a quello “giallo” dell’ittero che è conosciuto e studiato ma ancora fonte di rischi. La capacità di intercettare questi “pericoli” si fonda su tre cardini: l’identificazione dei fattori di rischio anamnestici della famiglia e della gravidanza; la sorveglianza del neonato e il ricorso agli esami “screening”.
Dal primo mese di vita del neonato dipende dunque gran parte della sua vita futura. Per questo è necessaria un’alleanza tra i neonatologi, che seguono il bambino nei primi giorni di vita, e i pediatri, a cui i genitori si rivolgono sin dalle prime settimane.
La Società Italiana di Neonatologia sostiene l’importanza di un “programma di sorveglianza” articolato che comincia nel momento della nascita e richiede circa un mese, prima che il neonato possa essere definito “normale”.
Questa storia inizia con la nascita, momento fondamentale per la futura normalità di vita. L’adattamento respiratorio e quello cardiocircolatorio vengono accuratamente valutati dal neonatologo/pediatra sin dai primi minuti con l’Indice di Apgar. L’esame clinico accurato che segue la nascita e che tende a rispettare le fasi di adattamento neuro-comportamentale del neonato al suo nuovo mondo è il secondo passo verso la normalità.
Poi inizia l’avventura dell’alimentazione, al seno (per i più fortunati) o comunque con il latte materno donato o con la formula (per i meno fortunati). Ma l’avvio delle normali funzioni gastro-enteriche deve essere accuratamente valutato in ogni caso nei primi giorni di vita insieme con le variazioni ponderali.
L’ittero (colorazione gialla della cute) crea talora molti problemi, ma ne creerà molti di meno se gestito in base a raccomandazioni elaborate da una task force della SIN, sia in ospedale che dopo la dimissione.
Le infezioni sono un problema rilevante che spesso mette a rischio la vita. Quelle precoci sono diagnosticate e curate in ambiente ospedaliero. Quelle tardive, che possono coinvolgere neonati già dimessi, possono diventare un problema rischioso per la scarsa specificità dei sintomi che presentano. Gli screening clinici e soprattutto quelli relativi alle malattie metaboliche congenite fanno parte dell’assistenza in ospedale, ma spesso vengono diagnosticate quando il bambino è già a casa.
Ecco allora che i pericoli che il neonato corre divengono un problema che deve coinvolgere necessariamente il pediatra/neonatologo ospedaliero e il pediatra di famiglia.
Il pericolo “bianco” può essere affrontato in ospedale (valutazione neurologica e clinica per le encefalopatie) ma richiede la collaborazione del pediatra se lo screening neonatale identifica una malattia metabolica congenita. Il pericolo “blu” viene molto limitato dallo screening pulsiossimetrico, ma un quarto delle
cardiopatie può dare sintomi e segni solo dopo la dimissione. Il pericolo “giallo” viene gestito bene dal neonatologo, ma richiede un’attenta osservazione da parte del pediatra anche per la comparsa tardiva delle sindromi colostatiche. Infine il pericolo ”grigio” è sempre in agguato e, superato il periodo di degenza in ospedale, può manifestarsi tardivamente a casa.
Solo una appropriata gestione ospedaliera del neonato “apparentemente” normale seguita da una altrettanto appropriata gestione da parte del pediatra di famiglia potrà consentire di definire il neonato “normale”, perché alla fine del primo mese di vita non sarà più in grado di ingannare nessuno.
E non perché non sarà più ingannevole o bugiardo, ma perché noi saremo in grado di capirlo meglio di come
sappiamo fare nelle fasi più precoci della vita.
Per ulteriori informazioni: http://www.neonatologia.it/.
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