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Malattia di Wilson: il punto con il dottor Loudianos

Dottor Georgios Loudianos

Il dr. Georgios Loudianos (Cagliari): “Nell'Isola la frequenza della patologia è di circa un caso su 3.000 individui. Il nostro obiettivo è lo screening di massa in età neonatale”

Cagliari – La malattia di Wilson è un’anomalia ereditaria del metabolismo epatico del rame, la cui prevalenza – approssimativa e poco misurabile – è universalmente di un caso su 40-50.000 abitanti. È invece misurabile in popolazioni piccole e ad alta consanguineità, come in Sardegna, dove lo staff del dr. Georgios Loudianos, attraverso due approcci genetici, ha calcolato una prevalenza di circa un caso su 3.000 individui, la più alta al mondo. Si tratta quindi di una malattia rara, ma relativamente frequente nell'Isola.

“La malattia, trasmessa con carattere autosomico recessivo, è caratterizzata da una difettosa incorporazione del rame nella ceruloplasmina e da una difettosa escrezione attraverso le vie biliari. Il conseguente accumulo di rame nell’organismo è responsabile di un progressivo danno cellulare, e gli organi coinvolti sono principalmente il fegato, il sistema nervoso centrale e la cornea”, spiega Loudianos, medico presso la Clinica Pediatrica e Malattie Rare dell'Ospedale Microcitemico “Antonio Cao” di Cagliari.

Le manifestazioni cliniche possono essere le più varie, ma le più prevalenti sono quelle di tipo epatico e di tipo neurologico. “Le manifestazioni epatiche possono variare da un semplice aumento delle transaminasi fino a epatite acuta ma soprattutto cronica, cirrosi, splenomegalia isolata per cirrosi non apparente clinicamente, ipertensione portale o epatite fulminante con coagulopatia ed encefalopatia. Durante l’iter diagnostico vanno quindi escluse tutte le epatopatie da cause diverse, che con la malattia di Wilson condividono sintomi e talvolta esami di laboratorio. La patologia può avere un decorso lento e subdolo, senza nessun segno clinico e talvolta di laboratorio (perfino transaminasi normali) fino alla sua evoluzione a cirrosi, che può rimanere compensata, quindi silente, per molti anni, per poi a un certo punto manifestarsi con segni lievi di insufficienza epatica tipo emolisi, ittero di lieve entità ma anche emolisi massiva acuta (epatite fulminante) con coagulopatia ed encefalopatia, che richiede un trapianto epatico”, prosegue il dr. Loudianos.

“In età pediatrica si osserva prevalentemente la sola presenza di epatomegalia associata ad ipertransaminasemia, o di sola ipertransaminasemia rivelata in modo occasionale. Spesso, il sospetto diagnostico nasce in modo occasionale perché il bambino esegue l’esame delle transaminasi come esame di routine in vari scenari, e in seguito l’iter diagnostico porta al riconoscimento della malattia. Lo spettro delle manifestazioni neurologiche è ampio ed è dovuto soprattutto al danno cellulare a livello dei nuclei della base, ma anche in altre aree del sistema nervoso centrale. È coinvolto quasi esclusivamente il sistema motorio, con sintomi che variano da tremori, disartria, scialorrea, incoordinazione motoria, atassia, distonia, fino a paralisi spastica. Anche lo spettro delle manifestazioni psichiatriche è molto ampio e varia da semplici stati d’ansia, comportamenti bizzarri, fino a quadri di schizofrenia. Le manifestazioni neuropsichiatriche possono essere le prime in pazienti con epatopatia non identificata, di solito con cirrosi. In generale la sintomatologia neurologica è l’evoluzione dell’epatopatia, quindi i pazienti neurologici hanno anche epatopatia, anche se in alcuni casi abbiamo pazienti con coinvolgimento neurologico e con un minimo coinvolgimento epatico”, continua l'esperto. “La sintomatologia neuropsichiatrica non compare prima dei 10 anni di età, ma in bambini più grandi e adolescenti. In questi, i sintomi iniziali sono molto vaghi e consistono prevalentemente in riduzioni delle performance scolastiche e sportive, difficoltà di apprendimento, difficoltà nel vestirsi o nello scrivere o perdita dell’abituale destrezza nello sport”.

La più importante manifestazione oculare della malattia di Wilson è l’anello di Kaiser-Fleischer, una formazione di color marrone o marrone-verde dovuta al deposito di cristalli di rame nella cornea, talvolta visibile a occhio nudo ma di solito con l’uso della lampada a fessura. Non è tuttavia un segno specifico della malattia, in quanto può essere presente anche in altre condizioni patologiche, come in alcuni tipi di colestasi. Raramente presente in età pediatrica, mai sotto i 10 anni, è invece presente in circa il 50% dei pazienti adolescenti e adulti con sintomi epatici e nel 95% dei pazienti con sintomatologia neurologica, al momento della diagnosi. Visti l’ampio spettro e l’aspecificità dei sintomi, la malattia di Wilson deve essere presa in considerazione nella diagnosi differenziale di tante situazioni patologiche del fegato e del sistema nervoso centrale. Indici di sospetto per la presenza della malattia sono: segni e sintomi di epatopatia da cause sconosciute, l’assenza delle cause più frequenti di epatopatia, la presenza di sintomi neuropsichiatrici non specifici, in particolare in età giovanile, la combinazione di sintomi epatici e neurologici, la familiarità non solo per la malattia di Wilson ma anche per malattie epatiche e neuropsichiatriche non meglio definite”.

L’esordio delle manifestazioni cliniche avviene prevalentemente in un’età compresa tra i 6 e i 40 anni, ma sono stati descritti diversi casi con esordio sia più precoce che più tardivo. “La diagnosi clinica può essere effettuata con facilità solo quando è presente la classica triade della malattia: l’epatopatia, l’interessamento neurologico e l’anello di Kayser-Fleischer. Siccome non sempre questa triade è presente, non è facile stabilire la diagnosi, specie in età pediatrica. Non esiste un singolo sintomo o un test di laboratorio che da solo possa confermare la diagnosi della malattia al 100%. La diagnosi, quindi, può essere fatta solo valutando complessivamente la storia familiare e clinica, il decorso, l’esame clinico e alcuni esami di laboratorio che studiano il metabolismo del rame. Per superare queste difficoltà, nel 2003 è stato sviluppato uno score diagnostico che include criteri clinici, biochimici, istologici e molecolari e che è stato in seguito validato anche nella popolazione pediatrica”.

La terapia per la patologia è una terapia a vita. Il sovraccarico di rame presente nella malattia di Wilson viene trattato con dei chelanti orali del rame come penicillamina, trientina e tetratiomolibdato, che legano ed eliminano il rame attraverso le urine. Questi farmaci vengono utilizzati singolarmente o in combinazione con lo zinco; quest'ultimo viene usato prevalentemente per la terapia di mantenimento in pazienti già trattati con il chelante o per il trattamento di pazienti allo stato preclinico della malattia, senza quindi sovraccarico di rame.

Proprio per l’alta presenza della malattia in Sardegna, molti anni fa l'Ospedale Microcitemico “Antonio Cao” di Cagliari ha intrapreso diversi studi per migliorare la diagnosi e la prevenzione della malattia di Wilson, coinvolgendo anche altri centri di riferimento in Italia e all’estero. L’obiettivo era quello della scoperta del gene, che poi è stato identificato nel 1993 da un consorzio internazionale, anche con la partecipazione del gruppo del dr. Loudianos. “Questa esperienza ha fatto del nostro centro non solo un riferimento attrezzatissimo per la diagnosi della malattia, ma un centro di riferimento internazionale per lo studio genetico dei pazienti. Per anni siamo stati l’unico centro a studiare la genetica della malattia in Italia, e uno dei pochissimi in Europa. Per quanto riguarda il nostro lavoro sulla Sardegna, abbiamo studiato le basi genetiche attraverso la ricerca di mutazioni nel gene ATP7B in 244 pazienti e abbiamo identificato tutti i difetti genetici alla base della malattia. Abbiamo inoltre definito le caratteristiche cliniche di un vasto gruppo di pazienti pediatrici affetti dalla malattia”, sottolinea.

Attualmente stiamo lavorando per il prossimo obiettivo, che sarà fondamentale per la prevenzione della malattia di Wilson in Sardegna: quello dello screening di massa. Questa condizione, infatti, costituisce il modello ideale di prevenzione di malattia attraverso lo screening di massa in età neonatale. Questo è dovuto alla natura della malattia, causata da un progressivo accumulo del rame nell’organismo con danni di organo, ma in cui la diagnosi e il trattamento precoce possono prevenire l’accumulo di rame e le sue conseguenze. Oggi conosciamo le mutazioni che in Sardegna la provocano, per cui lo screening basato sulle metodiche della genetica diventa semplice. La malattia di Wilson è una patologia trattabile; inoltre, disponiamo delle tecnologie adatte per lo screening”, conclude il dr. Loudianos. “Se applicato, questo progetto costituirà il primo esempio nel mondo della prevenzione della malattia di Wilson attraverso uno screening neonatale. La nostra esperienza costituirà un esempio di riferimento non solo per la diagnosi precoce, ma anche per il trattamento della malattia in età precoce, esperienza che attualmente non esiste”.

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