Quello che chiamiamo ‘trapianto di midollo’ è in realtà un trapianto di cellule staminali ematopoietiche: cellule multipotenti, che hanno la capacità di autorinnovarsi e nello stesso tempo originare tutte le cellule del sangue (globuli rossi, globuli bianchi e piastrine). Questi elementi nascono tutti dalla stessa cellula, che si differenzia a seconda della necessità. Anche queste cellule staminali però possono ammalarsi, come nel caso della talassemia, che non permette la corretta sintesi dell’emoglobina. Ciò determina un gravissimo stato di anemia cronica, aggravato dalla distruzione della maggior parte dei globuli rossi, che rende necessarie trasfusioni e terapie che dovranno essere eseguite per tutta la vita.
Chi invece si sottopone al trapianto guarisce una volta per tutte.
Il trapianto consiste in tre fasi: identificazione di un donatore, preparazione del ricevente e infusione delle cellule staminali donate, che ricostruiranno un “nuovo midollo ematopoietico”.
Il miglior donatore di midollo è certamente un familiare: un fratello o una sorella. In assenza di ciò si ricorre a un donatore volontario, qualcuno che ha scelto di iscriversi al registro donatori di midollo osseo e di donare le proprie cellule in caso di bisogno, che oggi vengono prelevate tramite aferesi, procedura assolutamente indolore e che non necessita anestesia. Possono essere usate per il trapianto anche le cellule staminali cordonali, donate al momento della nascita di un bambino sano.
Una volta individuato il donatore, il paziente deve essere preparato ad accogliere delle nuove cellule, per questo deve essere sottoposto alla chemioterapia, che ha anche funzione immunosoppressiva (evita che il sistema immunitario del ricevente riconosca le cellule del donatore come ‘estranee' e le attacchino, provocando reazioni di rigetto).
Infine le cellule sane vengono infuse nell’organismo del paziente, attraverso una semplice trasfusione di sangue. Tali cellule hanno sorprendenti capacità di ‘homing’: si dirigono immediatamente nelle nicchie ossee. Così in 12-20 giorni avrà luogo la prima ematopoiesi: le cellule inizieranno a produrre i nuovi globuli rossi, globuli bianchi e piastrine. Ci vuole poco meno di un mese perché il paziente ricominci a stare bene, anche se dovrà essere monitorato per almeno 6 mesi. Poi potrà riprendere una vita normale.
Il trapianto di midollo viene eseguito da ormai più di 30 anni: il primo trapianto al mondo nella talalassemia è stato eseguito a Seattle nel 1981, in Sardegna nel 1987.
La talassemia è una malattia genetica ereditaria che si trasmette dai genitori ai figli secondo un carattere autosomico recessivo. In altri termini, perché nasca un figlio malato è necessario che entrambi i genitori siano portatori dello stesso tipo di talassemia. In Italia i portatori sani della patologia sono più di tre milioni e la Sardegna è una delle zone in cui la patologia è più diffusa. Oggi i talassemici in Sardegna sono circa 1000 e nell’ultimo anno sono nati 5 bambini affetti dalla patologia. Il numero di nuovi nati affetti dalla malattia è sensibilmente diminuito negli anni, grazie ai test di screening. Tali test permettono alle coppie che progettano di avere un bambino di sapere se sono portatori sani della malattia, effettuando un semplice prelievo di sangue.
Ricordiamo che oggi dalla talassemia è possibile guarire, grazie al trapianto di midollo osseo.
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