La condivisione delle esperienze tra diverse persone e famiglie di malati di malattie rare consente, al di là della possibilità di organizzare le azioni nei confronti delle istituzioni, una grossa attenuazione del senso di solitudine e impotenza e un incremento della voglia di fare. L’hanno compreso i componenti del Gruppo Famiglie Dravet - dal nome della sindrome che colpisce i loro bimbi - che si è costituito, nell’ambito della FIE - Federazione Italiana Epilessie, il 2 ottobre scorso, per volontà di alcuni genitori con figli affetti da sindrome di Dravet, un'encefalopatia epilettica refrattaria, che si presenta in neonati altrimenti sani. Da allora le famiglie da 9 sono diventate 59 ed adesso alcune di loro, 25 per la precisione, dopo mesi di collaborazione tramite la pagina del gruppo famiglie su facebook, via e-mail o via telefono, hanno sentito il bisogno di guardarsi negli occhi e così si sono incontrate, per la prima volta, nei giorni scorsi a Fiorenzuola d’Arda.
Ne è scaturito un programma d’azione che ruota intorno a tre gruppi principali: continuare a cercare le altre famiglie, fare tutto il possibile affinché la Sindrome di Dravet sia inserita nei registri regionali e in quello nazionale delle malattie rare, selezionare dei progetti di ricerca in corso ed entrare in contatto con i ricercatori.
La sindrome di Dravet (SD), epilessia mioclonica severa dell’infanzia, è una rara e invalidante forma di epilessia farmaco resistente che colpisce i bambini generalmente entro il primo anno di vita. La malattia si manifesta con ripetute crisi epilettiche che richiedono numerosi ricoveri in ospedale e causano deficit cognitivo e disturbi del comportamento, ritardo nello sviluppo psicomotorio e atassia. Sullo sfondo, inoltre, sussiste un rischio di morte improvvisa inspiegata. La SD è più comune nei maschi rispetto alle femmine (rapporto 2 a1). L'esordio si verifica nel primo anno di vita con crisi cloniche/toniche-cloniche, monolaterali e generalizzate. Le crisi epilettiche compaiono ogni 1-2 mesi e spesso all'inizio si associano alla febbre. E' comune uno stato epilettico generalizzato o emiclonico. Altri tipi di crisi (di solito mioclonie, assenze atipiche, crisi parziali complesse) si manifestano nel secondo o nel terzo anno di vita e, sebbene la durata di queste crisi diminuisca in questo periodo, la loro frequenza aumenta. Sono fattori scatenanti la chiusura degli occhi o la stimolazione con luce intermittente (IPS). Il decorso della malattia è caratterizzato da ritardo dello sviluppo psicomotorio e dalla comparsa di disturbi del comportamento e atassia.
È stata osservata anche fotosensibilità. Almeno il 25 per cento dei pazienti hanno familiarità per l'epilessia o le convulsioni febbrili. La SD si associa alle mutazioni del gene SCN1A (2q24.3), che codifica per il canale ionico del sodio. Queste mutazioni sono responsabili di almeno due terzi dei casi di SD; di solito si tratta di mutazioni de novo. La diagnosi di SD si basa sul quadro clinico: l'individuazione delle mutazioni di SCN1A non conferma la diagnosi.
Durante i primi stadi della malattia, l'EEG è normale, le anomalie (onde appuntite e con più punte generalizzate) compaiono a partire dai 2-3 anni. L'associazione tra le crisi epilettiche precoci e gli episodi febbrili può orientare la diagnosi. È stata riportata una variante della SD (SMEI, SMEB borderline), caratterizzata da tutti i sintomi clinici della SD, in assenza di crisi miocloniche. Le crisi epilettiche non rispondono ai farmaci antiepilettici.
Per quanto riguarda il trattamento, il valproato e i benzodiazepinici (clobazam) sembrano essere più efficaci. Recentemente la terapia con stiripentolo (TAS) ha fornito risultati promettenti: nel gennaio 2007, la TAS ha ottenuto dall'UE l'autorizzazione alla commercializzazione come farmaco orfano adiuvante il trattamento della SD. Sperimentazioni cliniche in corso dimostrano che il topiramato può essere utilizzato nei bambini che non rispondono allo stiripentolo. Deve essere evitato l'uso di carbamazepina e vigabatrina, per evitare che le crisi epilettiche si aggravino. La presa in carico può prevedere anche la dieta chetogenica, la fisioterapia e la rieducazione del linguaggio. Sebbene la frequenza delle crisi diminuisca man mano che il bambino cresce, la prognosi a lungo termine non è buona, a causa del deficit cognitivo e la persistenza dei disturbi del comportamento. La SD si associa a un alto rischio di morte improvvisa durante l'infanzia, in particolare tra i 2 e i 4 anni.
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