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Il farmaco, tuttavia, è stato associato ad una maggiore tendenza al sanguinamento rispetto al placebo

MILANO – Uno studio clinico di Fase II ha mostrato che il farmaco caplacizumab è in grado di indurre un tempo di risposta più rapido, rispetto al placebo, nei pazienti con porpora trombotica trombocitopenica acquisita, un raro disordine di coagulazione del sangue. Tuttavia, caplacizumab è anche apparso associato a un'aumentata tendenza ad eventi emorragici. Allo studio, pubblicato sul New England Journal of Medicine, hanno partecipato anche la prof.ssa Flora Peyvandi e il dr. Andrea Artoni, del Centro Emofilia e Trombosi “Angelo Bianchi Bonomi” del Policlinico di Milano.

La porpora trombotica trombocitopenica acquisita (TTP) è causata dall'aggregazione delle piastrine su multimeri ultralarghi del fattore di von Willebrand. Questa trombosi microvascolare provoca un'ischemia multiorgano con complicanze potenzialmente letali. La plasmaferesi giornaliera e le terapie immunosoppressive inducono la remissione, ma la mortalità e la morbilità dovute a microtrombosi rimangono elevate.

Caplacizumab, un'immunoglobulina umanizzata a singolo dominio variabile (nano anticorpo) anti-fattore di von Willebrand, inibisce l'interazione tra i multimeri ultralarghi del fattore di von Willebrand e le piastrine. In uno studio di fase 2, controllato, i pazienti con TTP acquisita sono stati randomizzati a ricevere caplacizumab sottocutaneo (10 mg al giorno) o placebo durante la plasmaferesi e per i 30 giorni successivi. L'end point primario era rappresentato dal tempo di risposta, definito come la confermata normalizzazione della conta piastrinica. I principali end point secondari comprendevano esacerbazioni e recidive.

Settantacinque pazienti sono stati sottoposti a randomizzazione (36 sono stati assegnati a ricevere caplacizumab, e 39 a ricevere placebo). Il tempo di risposta è risultato significativamente ridotto con caplacizumab rispetto al placebo (riduzione media del 39%). Tre pazienti del gruppo caplacizumab hanno presentato una riacutizzazione, rispetto a undici pazienti nel gruppo placebo. Otto pazienti nel gruppo caplacizumab, inoltre, sono andati incontro a una ricaduta nel primo mese dopo la sospensione del farmaco in studio, sette dei quali hanno avuto un'attività del gene ADAMTS13 che è rimasta al di sotto del 10%, il che suggerisce un'attività autoimmune irrisolta.

Gli eventi avversi correlati al sanguinamento, la maggior parte dei quali erano da lievi a moderati, erano più comuni con caplacizumab che con placebo (il 54% dei pazienti contro il 38%), mentre la frequenza degli altri eventi avversi è risultata simile nei due gruppi. Due pazienti nel gruppo placebo sono morti, rispetto a nessuno nel gruppo caplacizumab.

Rispetto al placebo, in conclusione, caplacizumab ha indotto una più rapida risoluzione dell'episodio acuto di porpora trombotica trombocitopenica, e il suo effetto piastrinico-protettivo si è mantenuto durante il periodo di trattamento. Il farmaco, tuttavia, è stato associato ad una maggiore tendenza al sanguinamento.

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