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Tra le molteplici spiegazioni che sono alla base di un processo di cancerogenesi ci sono anche le mutazioni a carico di alcuni soppressori tumorali che sono implicati anche nell'insorgenza di sindromi estremamente rare ma che possono costituire un fattore di rischio non irrilevante per tumori tristemente noti e ad alta incidenza. Le neurofibromatosi rappresentano un gruppo di disordini ereditari dei meccanismi che presiedono allo sviluppo dei tessuti neuroectodermici e sono causate da una mutazione in geni oncosoppressori. Nei pazienti affetti da neurofibromatosi, solo uno dei due alleli del gene implicato risulta mutato ma, in accordo alla teoria dei “due colpi” di Knudson, è necessaria una mutazione a livello del secondo allele per portare allo sviluppo di un cancro.

La comprensione del quadro genetico e molecolare che genera queste rare sindromi è di primaria importanza per fare chiarezza sui tumori ad esse associabili e che coinvolgono sostanzialmente il sistema nervoso centrale e periferico. Inoltre, attraverso l'indagine delle neurofibromatosi sarà possibile arrivare alla formulazione di nuove terapie per meningiomi e schwannomi che spesso sono di natura benigna ma hanno un'incidenza molto alta specialmente nei soggetti tra 40 e 60 anni.
In una recente pubblicazione apparsa sulla rivista scientifica Neuro-Oncology, il prof. Jaishri O. Blakeley della John Hopkins University di Baltimora e il prof. Scott R. Plotkin del Massacchusetts General Hospital di Boston si sono soffermati sulle caratteristiche cliniche e genetiche delle Neurofibromatosi di tipo 1 e 2, focalizzandosi non solo sui progressi compiuti nella ricerca di una terapia efficace contro i tumori che da esse originano ma anche sulle interconnessioni che legano le neurofibromatosi al tumore con cui esse condividono una specifica mutazione.

La neurofibromatosi di tipo 1 (NF1) è la più nota e diffusa patologia di questo gruppo, con un'incidenza stimata in 1 su 2500-3000 nati. Si tratta di una malattia del sistema nervoso a trasmissione autosomica dominante, che si caratterizza soprattutto per la presenza di lesioni cutanee (macchie caffelatte, lentigginosi multipla, noduli iridei di Lisch e neurofibromi cutanei e sottocutanei) ma che può produrre complicanze severe tra cui l'insorgenza di disturbi cognitivi, neurofibromi plessiformi e tumori del sistema nervoso tra cui il glioma delle vie ottiche. L'anamnesi è fondamentale per effettuare una diagnosi di NF1 e la terapia più comunemente accettata per i neurofibromi cutanei è la chirurgia. Tuttavia l'estensione dei neurofibromi spesso non consente una resezione completa e il coinvolgimento di organi o tessuti critici può rendere complicata l'operazione e, in molti casi, alzare il rischio di recidive. I limiti della chirurgia, combinati con gli alti tassi di sviluppo dei neurofibromi nei bambini, costituiscono il principale carburante per la macchina di ricerca e sviluppo di nuove farmaci per trattare questi tumori. I gliomi, invece, vengono trattati con la chemio- o la radioterapia ma, mentre la prima sembra garantire una buona preservazione della capacità visiva, la seconda è più di frequente associata all'insorgenza di effetti avversi di non trascurabile natura. Studi di genetica e biologia molecolare hanno identificato più di 500 mutazioni in gradi di danneggiare il gene NF1 che codifica per neurofibromina, una proteina che si ritrova in abbondanti quantità a livello del cervello, del midollo spinale e del sistema nervoso  periferico con funzioni regolatrici sia della crescita che della differenziazione cellulare e la cui carenza è direttamente associabile alla NF1.

Gli studi clinici in corso sulla NF1 sono molteplici e si concentrano su diversi nodi della rete di segnali molecolari che portano alla formazione del tumore: alcuni stanno sviluppando farmaci con bersagli specifici nella cascata di attivazione delle proteine Ras, coinvolte nella trasmissione dei segnali all'interno delle cellule, altri si concentrano sul ruolo degli inibitori delle protein-chinasi MEK e altri ancora su ulteriori elementi del micro-ambiente tumorale. A questo proposito sono stati testati molti farmaci di nuova formulazione, come Everolimus, Selumetinib e Trametinib ma anche Imatinib (impiegato con successo nel trattamento dei GIST) sembra aver dato buoni risultati in trial clinici specfici.

Per ciò che riguarda, invece, la neuofibromatosi di tipo 2 (NF2), il gene direttamente implicato nella genesi della malattia è localizzato sul cromosoma 22 e codifica per la merlina, una proteina coinvolta nella regolazione della crescita cellulare. La NF2 ha un'incidenza molto più limitata della NF1 (1 individuo su 33000 nasce con questa patologia) ma si associa all'insorgenza di tumori del sistema nervoso centrale (schwannomi vestibolari, meningiomi cerebrali, schwannomi spinali, astrocitomi e ependimomi) e periferico (schwannomi cutanei o nodulari). Anche in questo caso la chirurgia rimane la scelta principale, soprattutto per il trattamento di schwannomi vestibolari. La malattia può presentare un'estrema variabilità, sia sul piano fenotipico che su quello genotipico (spiegabile anche con il mosaicismo genetico) con un conseguente impatto di tipo altalenante sulla prognosi. La comprensione dei meccanismi molecolari che sottendono alla formazione della NF2 è dunque fondamentale dal momento che molti pazienti affetti da tumori insorti sulla base della NF2 sono esposti ad un maggiore rischio di morte. I trial clinici centrati sulla NF2, come per la NF1, spaziano su un notevole intervallo di bersagli molecolari ed hanno tra i principali obiettivi la ricerca dei regimi di dosaggio ottimali, i limiti di tollerabilità a lungo e medio termine e l'identificazione di biomarcatori predittivi di risposta clinica. Tra i farmaci testati figurano Everolimus, Nilotinib, Lapatinib e Sorafenib ma anche Bevacizumab, un farmaco comunemente usato per contrastare l'angiogenesi tumorale.

È impossibile non notare l'abbondante fioritura di ricerche sia sul piano genetico che su quello clinici riconducibili a queste rare sindromi e ai tumori che ad esse sono collegati e, tuttavia, la comunità scientifica sente la profonda esigenza di stabilire raccomandazioni comuni che guidino la scelta degli endpoints sui quali poggeranno le fondamenta degli studi clinici che si occuperanno di queste malattie. Innanzitutto, è importante la valutazione volumetrica dei tumori (neurofibriomi e schwannomi) attraverso tecniche come la risonanza magnetica total body e, in seconda istanza, è fondamentale la selezione di scale di misurazione degli outcome clinici, con particolare riferimento agli esami oculistici e audiometrici. Infine, non va dimenticato il ruolo svolto dallo sviluppo di modelli preclinici affidabili basati su un approccio traslazionale solido ed efficiente e necessari per cogliere i progressi nella lotta a queste patolo

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