Sindrome di Sanfilippo: la speranza è nella ricerca

Domani la Giornata Mondiale dedicata alla patologia. L'intervista a Katia Moletta, presidente dell'associazione Sanfilippo Fighters, e al prof. Alessandro Fraldi (CEINGE di Napoli)

Sintomi neurologici come disturbi del comportamento (ipercinesia, aggressività), deterioramento mentale e convulsioni: sono queste le principali manifestazioni della mucopolisaccaridosi di tipo III (MPS III), nota come sindrome di Sanfilippo. Questa condizione, di cui domani si celebrerà la Giornata Mondiale, fa parte del gruppo delle mucopolisaccaridosi, malattie genetiche rare da accumulo lisosomiale.

Da tempo è stata istituita la Giornata Mondiale delle Mucopolisaccaridosi (il 15 maggio), ma da cinque anni esiste anche una Giornata specifica per la sindrome di Sanfilippo, il 16 novembre. A promuoverla, in Italia, è l'associazione Sanfilippo Fighters, che fa parte dell'Alleanza Malattie Rare.

“Il nostro è un grido di aiuto; abbiamo un disperato bisogno di accelerare la ricerca scientifica, perché tra le mucopolisaccaridosi, quella di tipo III è la più grave e quella con l'aspettativa di vita più bassa: i nostri ragazzi raramente superano i vent'anni”, spiega Katia Moletta, presidente dei Sanfilippo Fighters, associazione fondata nel 2020. “Inoltre, mentre per alcune forme di MPS c'è una terapia di sostituzione enzimatica o il trapianto di midollo, per la MPS III non c'è alcun trattamento approvato, e di conseguenza non esiste neanche la possibilità di introdurre lo screening neonatale. È una malattia devastante per i bimbi e per le famiglie: bisogna trovare delle soluzioni che mirino ad ottenere almeno una qualità di vita dignitosa”.

Non è noto il numero preciso di pazienti in Italia, ma l'Associazione è a conoscenza di una cinquantina di casi. I portatori sani, però, sono molti di più: “L'incidenza della MPS IIIA, che è la forma più diffusa, è di un caso su 70.000 individui, ma il gene mutato responsabile della malattia (che si trasmette con modalità autosomica recessiva) viene stimato essere presente in una persona su 169. Io ho tre figli, e fortunatamente solo Francesco, che ha 11 anni, ne è affetto, ma la possibilità che potessero esserlo anche gli altri era del 25%”, prosegue Katia Moletta.

Tutte le mucopolisaccaridosi sono malattie poco conosciute, frequentemente confuse con altre condizioni, e spesso la diagnosi è tardiva. “Quasi tutti i bambini hanno importanti disturbi del sonno e sono più soggetti a contrarre infezioni alle alte vie respiratorie come influenze, bronchiti e broncopolmoniti, nonché problemi ai denti come gli ascessi. Nei primi anni di vita stanno abbastanza bene, e anzi sono iperattivi, ma nelle fasi successive peggiorano: la loro gestione, considerando anche il fatto che non parlano, è dunque molto complessa. Nasce da qui l'esigenza di sensibilizzare medici, ricercatori e istituzioni, ed è per questo motivo che la federazione internazionale ISSA (International Sanfilippo Syndrome Alliance), di cui facciamo parte insieme ad altre dieci associazioni, ha deciso di promuovere la Giornata dedicata alla MPS III”.

Per gli stessi motivi, nel 2021, i Sanfilippo Fighters (che fanno parte della rete Telethon) hanno finanziato un progetto di studio del prof. Alessandro Fraldi, responsabile di un gruppo di ricerca al CEINGE di Napoli e professore associato di Istologia all’Università “Federico II”. Il progetto è stato selezionato nell’ambito dell'iniziativa Seed Grant di Telethon: un seme che è “germogliato”, tanto che nel 2023 il programma di studio ha ottenuto un nuovo finanziamento, questa volta nell’ambito del Bando multi-round di Fondazione Telethon.

La sindrome di Sanfilippo è una malattia genetica rara caratterizzata da una degenerazione a livello del sistema nervoso centrale, spiega il prof. Fraldi. “È causata dal deficit di un singolo gene, che non funzionando bene produce un enzima non più in grado di degradare delle macromolecole normalmente presenti nel nostro organismo. Questi prodotti, di conseguenza, si accumulano nelle cellule e producono un danno, soprattutto a livello del cervello. Purtroppo non esistono terapie efficaci per curare la neuropatologia nella Sanfilippo. Una strategia per curare questo tipo di malattie è la terapia genica, mediante la quale un virus, reso innocuo, veicola il gene sano ai pazienti e quindi produce un enzima funzionante che riesce a supplire al deficit. A tutt’oggi ci sono diversi protocolli di terapia genica che si stanno testando in via sperimentale per la Sanfilippo, e alcuni di questi hanno dato dei risultati incoraggianti”.

Il team del prof. Fraldi sta cercando di sviluppare delle terapie alternative, mirate a bloccare i processi neurodegenerativi che sono a valle del deficit genetico primario. “Alcuni studi condotti nel nostro laboratorio e pubblicati recentemente hanno dimostrato che uno di questi processi coinvolge alcune proteine, note come proteine amiloidi, che si depositano nel cervello dei pazienti con Sanfilippo (così come fanno in altre patologie neurodegenerative più comuni, come il Parkinson e l’Alzheimer), provocando un danno cerebrale. Abbiamo quindi utilizzato delle piccole molecole note come 'pinzette molecolari', che agiscono inibendo l’accumulo tossico delle proteine amiloidi. Quando utilizziamo queste molecole in topi modello della Sanfilippo siamo in grado di prevenire la comparsa di molti sintomi neurodegenerativi”, prosegue l'esperto.

Inoltre, il gruppo di Fraldi, in uno studio appena pubblicato, ha dimostrato che le 'pinzette molecolari' possono prevenire la neurodegenerazione in altri modelli di mucopolisaccaridosi e, cosa ancora più importante, possono agire in maniera sinergica con i protocolli di terapia genica. “In pratica, quando somministriamo la terapia genica in combinazione con le 'pinzette molecolari' otteniamo un beneficio terapeutico maggiore rispetto a quando somministriamo le singole terapie. In definitiva, quindi, le 'pinzette molecolari' potrebbero essere dei potenziali nuovi farmaci utili a rallentare o addirittura arrestare i processi neurodegenerativi della Sanfilippo, utilizzabili eventualmente anche in combinazione con la terapia genica o altre terapie volte a curare il difetto primario. È come se in aggiunta alla correzione del difetto primario mettessimo continuamente un freno alla neurodegenerazione”.

Questo approccio terapeutico potrebbe essere applicato anche ad altre mucopolisaccaridosi, e più in generale anche al trattamento delle malattie di Alzheimer e di Parkinson. Il lavoro del gruppo di ricerca (ben riassunto in un articolo di Telethon), pur essendo ancora in fase preclinica si sta dimostrando promettente. Ma per arrivare a un potenziale trattamento sarà necessario del tempo: “Le 'pinzette molecolari' non sono mai state utilizzate in clinica, quindi prima di poterle impiegare c’è bisogno di testarne la sicurezza e la non tossicità nell’uomo. Inoltre, bisogna ottimizzare i processi di sintesi chimica, in modo da produrne in grosse quantità per l’utilizzo nell’uomo. Parte di questi studi sono già in atto, mentre altri devono essere ancora fatti”, conclude il prof. Fraldi. “Attualmente il maggior ostacolo è trovare i fondi necessari per fare questi studi, in modo da arrivare il prima possibile ad una sperimentazione clinica delle 'pinzette molecolari' nei pazienti con sindrome di Sanfilippo”.

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