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L'ipertensione arteriosa polmonare (IAP) è una malattia respiratoria rara, progressiva, caratterizzata da pressione sanguigna pericolosamente alta e resistenza vascolare che determina un progressivo affaticamento per il ventricolo destro che può culminare nello scompenso cardiaco anche mortale. I sintomi sono affanno, vertigini e stanchezza. In Italia si stima che i pazienti con IAP severa sarebbero circa 2.000.
L'Ipertensione Polmonare Arteriosa è classificata come una sottocategoria dell'Ipertensione Polmonare, nello stesso sottogruppo si trova anche un'altra malattia rara, l'Ipertensione Polmonare Tromboembolica Cronica (CTEPH).
Il codice di esenzione dell'ipertensione arteriosa polmonare è RG0120 ("Ipertensione polmonare arteriosa idiopatica").

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Per le forme PAH e CTEPH i trial per gli studi di fase III sono anche in Italia

La diagnosi spesso arriva in ritardo, anche di due anni, la malattia progressivamente peggiora e l’esito è infausto, con un tasso di mortalità che può essere superiore a quello di alcune forme di cancro della mammella e del colon-retto. Attualmente il panorama per le persone affette dalle varie forme di Ipertensione Polmonare non è ancora molto positivo, ma i farmaci a disposizione stanno aumentando e la ricerca intorno alla malattia è molto viva. Di questo si è parlato lo scorso 12 marzo a Lisbona, in occasione del 6° congresso internazionale di Ipertensione Polmonare organizzata da Bayer HealthCare, azienda da oltre 15 anni in prima linea nello sviluppo di terapie innovative per la malattia. Moltissimo si è parlato di un farmaco, del tutto innovativo, su quale si concentrano molte attese: il Riociguat.

Il prof. Nazzareno Galiè spiega che cos’è l’IPP – Ipertensione Porto polmonare

“La IAP è una complicanza ben nota delle epatopatie croniche: il principale fattore di rischio per lo sviluppo di IAP è rappresentato dall’Ipertensione Portale e non dalla specifica patologia epatica: ciò ha portato alla definizione di Ipertensione Porto-polmonare (IPP). Circa l’1-2 per cento dei pazienti affetti da patologie epatiche croniche (in genere cirrosi) e IPP sviluppa IAP mentre la prevalenza può raggiungere il 5 per cento nei pazienti affetti da epatopatia avanzata e in screening per trapianto di fegato”.
A spiegarci questi casi di Ipertensione Arteriosa Polmonare è il Prof. Nazzareno Galiè,  Direttore del Centro per l’Ipertensione Polmonare dell’Ospedale S. Orsola-Malpighi – Università di Bologna, attraverso un documento messoci a disposizione dall’A.I.P.I- Associazione Ipertensione Polmonare Italiana Onlus.

Cosa significa essere affetti da una malattia rara e poco conosciuta? Cosa vuol dire avere il fiato corto, non riuscire a fare le scale, a camminare in casa o anche solo a vestirsi? A chi non ha mai incontrato l’Ipertensione Arteriosa Polmonare può risultare difficile capire come si convive e come si lotta con questa malattia. Per aiutare a capire la campagna europea Breathtakink ha organizzato su You Tube un videodiario, clicca qui per vedere i video.

L’IPA è una malattia rara e progressiva che colpisce i polmoni e il cuore. L'eccessivo e spesso inaspettato affanno, la debolezza e l’affaticamento che possono essere causati dall’IPA, hanno un impatto drammatico sulla qualità di vita dei pazienti, rendendo estremamente difficili le semplici attività quotidiane, come salire le scale, percorrere brevi distanze o vestirsi.  Con una diagnosi e un trattamento precoce, quasi due terzi dei pazienti con IPA può sopravvivere per più di cinque anni e ciononostante la diagnosi arriva in ritardo anche di due anni.

La malattia è poco conosciuta anche dai medici e c’è il rischio di trattamenti inappropriati

C’è una malattia rara, poco conosciuta e molto grave, che colpisce i polmoni e il cuore, taglia il respiro e rende difficile svolgere le più normali attività quotidiane, come salire le scale o vestirsi: l’Ipertensione Polmonare (IP).  La patologia è caratterizzata da un’alta pressione sanguigna nelle arterie dei polmoni che può colpire chiunque e a qualsiasi età, provocandone anche la morte. Ora, grazie alla campagna europea di sensibilizzazione Breathtaking coordinata dall’Associazione Europea di Ipertensione Polmonare (PHA Europe) e sostenuta da Bayer HealthCare molte persone avranno l’opportunità di ‘incontrarla’ lungo la loro strada, ad esempio nelle stazioni ferroviarie, imparando a riconoscerla e a capire cosa significa per i malati convivere con questo male.

“Numerose sono le cardiopatie congenite che possono causare l’Ipertensione Arteriosa Polmonare (IAP). La sindrome di Eisenmenger rappresenta la forma più severa di IAP associata a queste condizioni. La presenza del difetto cardiaco congenito (in genere una comunicazione anomala tra le due circolazioni sistemica e polmonare) condiziona inizialmente un flusso patologico di sangue dal cuore sinistro al cuore destro che determina un iperafflusso nella circolazione polmonare. La persistenza nel tempo dell’iperafflusso favorisce lo sviluppo di lesioni ostruttive nella circolazione polmonare che determina la comparsa di una IAP stabile e quindi della cianosi (inversione del flusso di sangue attraverso il difetto)”.
A spiegarci questi casi di Ipertensione Arteriosa Polmonare è il Prof. Nazzareno Galiè,  Direttore del  Centro per l’Ipertensione Polmonare dell’Ospedale S. Orsola-Malpighi – Università di Bologna, attraverso un documento messoci a disposizione dall’A.I.P.I- Associazione Ipertensione Polmonare Italiana Onlus.

Secondo un nuovo studio potrebbe essere stato sottovalutato il danno epatico

La tossicità epatica è un effetto collaterale piuttosto noto degli antagonisti dei recettori dell'endotelina (ERA) (come bosentan, sitaxentan e ambrisentan), farmaci utilizzati, con indicazioni differenti, nella terapia dell’ipertensione arteriosa polmonare. Il monitoraggio mensile a lungo termine della funzionalità epatica nei pazienti che ne fanno uso è dunque obbligatorio. Fino ad oggi si riteneva che il Sitaxentan, un farmaco ad uso orale prodotto dalla casa farmaceutica Pfizer, avesse una minore associazione con la tossicità epatica, tanto da essere utilizzato come alternativa in quei pazienti che sviluppano un danno epatico consente all’uso prolungato del Bosentan, che attualmente per questi malati rappresenta la cura standard. Uno studio inglese, appena pubblicato sull’European Respiratory Journal, metterebbe però in dubbio questa convinzione ipotizzando che, invece, il danno epatico di questo farmaco possa essere stato sottovalutato.

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