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Il prof. Giulio Cabrini ha spiegato gli ultimi progressi nella terapia e l'importanza di identificare i portatori sani

Negli ultimi dieci anni, la terapia per la fibrosi cistica ha fatto passi da gigante, rivoluzionando la qualità e l'aspettativa di vita dei pazienti. Durante l'evento "Malattie Rare: Screening, Diagnosi e Terapie Innovative" organizzato dall'Università di Trieste e dall'IRCCS Burlo, con il patrocinio della SIGU e di Osservatorio Malattie Rare, il prof. Giulio Cabrini, docente e direttore del Centro di Ricerca sulle Terapie Innovative per la Fibrosi Cistica presso l’Università di Ferrara, ha illustrato i progressi più significativi nel trattamento della malattia e le nuove sfide da affrontare (clicca qui o sull’immagine dell’articolo per guardare il video).

L'EVOLUZIONE DELLE TERAPIE PER LA FIBROSI CISTICA

“La terapia della malattia polmonare delle persone con fibrosi cistica - ha spiegato il prof. Cabrini - ha ricevuto un enorme passo avanti in questi ultimi dieci anni con lo sviluppo di piccole molecole organiche che intervengono direttamente sul difetto della proteina CFTR mutata. In particolare, l'associazione di tre farmaci ha realmente cambiato la vita delle persone con fibrosi cistica sia in termini di qualità che di spettanza di vita”.

La fibrosi cistica resta, tuttavia, una malattia complessa, caratterizzata da oltre 700 mutazioni genetiche diverse. "Il problema – ha aggiunto Cabrini – è stato essere in grado di curare tutti. Oggi sappiamo che almeno 270 delle altre 700 mutazioni possono essere trattate con lo stesso farmaco utilizzato per la mutazione più comune. Questo è stato un enorme passo avanti: negli Stati Uniti questa terapia è già disponibile, e presto arriverà anche in Europa”.

LE NUOVE SFIDE: INFIAMMAZIONE POLMONARE E BATTERI RESISTENTI

Nonostante i progressi, sono rimaste sfide importanti. “Uno degli aspetti su cui abbiamo ancora dovuto lavorare – ha sottolineato l’esperto – riguarda l'infiammazione polmonare. Anche se questi farmaci hanno migliorato la situazione, non hanno eliminato completamente l'infiammazione, che è stato un elemento cruciale sia per difendersi dalle infezioni batteriche sia per evitare danni permanenti ai tessuti polmonari”.

Inoltre, i pazienti con fibrosi cistica hanno convissuto con infezioni croniche dovute a batteri resistenti, come lo Pseudomonas aeruginosa. Per questo, precisa il prof. Cabrini “oltre ai farmaci che agiscono sulla proteina mutata, è stato fondamentale sviluppare nuovi trattamenti per l'infiammazione polmonare. In Italia, grazie ai finanziamenti della Fondazione Italiana per la Ricerca sulla Fibrosi Cistica, sono stati sviluppate nuove molecole, con collaborazioni tra l'Università di Ferrara, l'Università di Padova, l’Istituto San Raffaele di Milano e altri centri di ricerca”.

PREVENZIONE: L'IMPORTANZA DI IDENTIFICARE I PORTATORI SANI

Con l’aumento dell’aspettativa di vita dei pazienti, è emersa una nuova priorità: l'identificazione dei portatori sani della malattia. “Uno su trenta individui – ha spiegato Cabrini – è stato portatore sano di fibrosi cistica senza saperlo. Il rischio di avere un figlio affetto dalla malattia per due portatori sani è stato di 1 su 4”.

“Sullo screening di soggetti portatori sani – ha raccontato l’esperto – è attivo un progetto sostenuto dalla Fondazione Italiana per la Ricerca sulla Fibrosi Cistica, che sta facendosi strada e ha bisogno di una serie di sostegni, in particolare finanziari, perché implica l’investimento di risorse per personale specializzato, genomica, strumentazione e reagenti. Sicuramente, questo è un investimento strategico, su cui le fondazioni private possono fare da battistrada, aprendo la strada e dimostrando gli effetti positivi e i vantaggi di una prevenzione mirata. L'obiettivo è quello di ridurre il rischio di nuovi casi di fibrosi cistica, evitando la sofferenza delle persone e delle loro famiglie, ma anche riducendo i costi della terapia, che oggi può arrivare a centinaia di migliaia di euro all’anno per ogni paziente”.

La fibrosi cistica ha attraversato una rivoluzione terapeutica senza precedenti, ma la strada è ancora lunga. “L'obiettivo è stato che nessuno restasse escluso dalle cure e che si potesse prevenire la nascita di nuovi casi attraverso lo screening dei portatori sani,” ha concluso il prof. Cabrini. “Investire nella ricerca e nella prevenzione è stato fondamentale per il futuro della lotta contro questa malattia”.

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