Indagine nazionale sull'epilessia

Secondo il Piano d’Azione ratificato dall’OMS, l’Italia dovrà dotarsi di una legislazione che tuteli i diritti delle persone affette dalla patologia

Roma – Le persone con epilessia, insieme a famiglie e caregiver, hanno partecipato alla prima indagine sull’impatto della patologia sulla loro vita quotidiana. La “fotografia” è stata scattata dalla Federazione Italiana Epilessie (FIE) in collaborazione con IQVIA, società di riferimento nell’analisi dei dati in ambito sanitario, e sarà presentata in Senato ai parlamentari impegnati nella discussione dei quattro disegni di legge sui diritti umani e sociali delle persone con epilessia: infatti, in linea con le direttive del Piano d’Azione Globale Intersettoriale per l’Epilessia e gli altri Disturbi Neurologici (IGAP), ratificato nel 2022 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, entro il 2031 l’Italia dovrà dotarsi di una legislazione ad hoc.

Partendo dalla quantificazione del numero di pazienti trattati con farmaci anti-crisi nell'ultimo anno, pari a circa 550mila — in aumento del 4.5% rispetto al 2022 — IQVIA ha sottoposto a un campione, costituito per il 60% da caregiver e per il restante 40% da persone con epilessia, un questionario da cui è emerso un quadro preoccupante: il 40% dei rispondenti valuta negativamente il proprio stato di salute e la metà ritiene che la malattia interferisca moltissimo sulla quotidianità, soprattutto con riguardo al lavoro e alle opportunità di progettazione del futuro e di gestione del tempo libero. Queste difficoltà portano le persone con epilessia ad avere un atteggiamento pessimista o addirittura indifferente nei confronti della vita, con pesanti ricadute anche sul piano relazionale: per il 61% dei rispondenti alla survey la vita sociale è l’ambito in cui si percepisce maggiormente un senso di diversità rispetto agli altri a causa della malattia. Aspetto che emerge chiaramente anche con riguardo alla possibilità di fare sport, al quale molte persone rinunciano per timore di nuove crisi.

“L’IGAP segna un punto di svolta nella gestione dell’epilessia da parte delle Istituzioni sanitarie. È un’occasione che non deve essere sprecata, non solo per il bene della nostra Comunità, ma anche per tutta la società. Ora tutti gli stakeholder devono agire concretamente perché le persone con epilessia possano godere del miglior livello possibile di benessere con parità di diritti, opportunità, rispetto e autonomia”, commenta la Presidente FIE, Rosa Cervellione. “La massiccia partecipazione delle persone con epilessia e dei caregiver alla raccolta di informazioni promossa dalla FIE, insieme al desiderio di far emergere e conoscere i nostri reali bisogni, dimostrano che la nostra Comunità è matura per cogliere questa opportunità”.

Oltre a condizionare la quotidianità dei pazienti e di chi se ne prende cura, l’epilessia rappresenta un carico economico importante per le famiglie, soprattutto in assenza di sostegno da parte delle Istituzioni: secondo la ricerca, realizzata con il supporto incondizionato di Angelini Pharma SpA, ogni anno il 28% delle spese complessive della famiglia è destinato alle necessità della persona con epilessia; per il 31% dei rispondenti, le spese legate all’epilessia superano il 30% del budget familiare complessivo. Ciò fa sì che solo nei nuclei famigliari più abbienti, le persone con epilessia possano permettersi le cure adeguate alla propria condizione, con una forte compromissione del diritto alla salute previsto dalla nostra Costituzione.

“L’IGAP chiama gli Stati membri a sviluppare o aggiornare la propria legislazione con l’obiettivo di proteggere i diritti umani delle persone con epilessia. La principale barriera al raggiungimento di questo obiettivo è l’alto livello di ignoranza e pregiudizio sulla patologia”, dichiara Francesca Sofia, Direttore scientifico FIE e Presidente IBE (The International Bureau for Epilepsy). “Questa mancanza di conoscenza si traduce in stigma ed esclusione sociale a tutti i livelli, nella scuola, sul posto di lavoro e nella comunità. La mancanza di conoscenza determina anche non adeguati livelli di cura e assistenza, diagnosi sbagliate e terapie sbagliate. Questo deve cambiare. E può cambiare solo se i bisogni delle persone con epilessia saranno riconosciuti all’interno di politiche e programmi pubblici specifici”.

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