Al Centro Diagnostico Italiano di Milano è disponibile il primo test in Italia che attraverso l’analisi del DNA rileva il rischio genetico di sviluppare ipertensione ed è in grado di individuare paziente per paziente la terapia personalizzata più efficace

Il Centro Diagnostico Italiano di Milano mette a disposizione dei pazienti, per primo in Italia, un test sul DNA in grado di rivelare il rischio di soffrire, nel corso della vita, di pressione arteriosa troppo alta. Grazie a questo esame è anche possibile identificare quali farmaci contro l’ipertensione risultano più efficaci per il singolo paziente.

Oggi, infatti, in Italia il 33% degli uomini e il 31% delle donne soffrono di ipertensione. Anche in Lombardia la situazione è altrettanto preoccupante perché sono ipertesi il 33% dei maschi e il 28% delle femmine.

Il nuovo test è quindi uno strumento importante per la prevenzione delle malattie cardiovascolari in quanto l’ipertensione arteriosa è uno dei principali fattori di rischio per l’insorgenza di complicanze cardiovascolari e cerebrovascolari gravi come infarto miocardico, ictus cerebrale, scompenso cardiaco.

Sottolinea Vittorio Grazioli, direttore del Laboratorio del Centro Diagnostico Italiano: “Il test è l’applicazione clinica delle più recenti ricerche sul genoma che hanno individuato un ampio numero di geni le cui varianti determinano un aumentato rischio di sviluppare ipertensione arteriosa e di altri geni, legati ai meccanismi fisiologici di regolazione pressoria, che possono indirizzare a una terapia mirata e personalizzata. Si tratta di una cura quindi più efficace, nei casi in cui l’ipertensione sia già presente. In particolare questo nuovo strumento di diagnosi è indicato per i pazienti che hanno una storia familiare positiva per ipertensione arteriosa o patologie cardiovascolari, per persone con ipertensione arteriosa che non rispondono bene ai
farmaci e soggetti con fattori di rischio cardiovascolare importanti come obesità, diabete, tabagismo”.

Il test

Uno dei vantaggi di questo nuovo strumento diagnostico è rappresentato dalla modalità di esecuzione non invasiva: è infatti sufficiente raccogliere, attraverso un semplice tampone, un campione di mucosa della bocca o sottoporsi a un prelievo di sangue.

Il test molecolare analizza all’interno del DNA così ottenuto alcune specifiche varianti genetiche. Si tratta di geni che i ricercatori hanno scoperto essere in grado di regolare una serie di meccanismi che influenzano il maggiore o minore livello di pressione sanguigna: la produzione degli ormoni che gestiscono l’escrezione dai reni di sale e acqua (regolazione del sistema renina-angiotensina-aldosterone), la regolazione del tono dei vasi sanguigni (e quindi la loro maggiore o minore “rigidità”), il sistema di riassorbimento di acqua e sale attraverso i tubuli renali e altri sofisticati meccanismi del sistema nervoso responsabili della regolazione pressoria (sistemi di trasduzione del segnale, canali del sodio e sistema nervoso autonomo).

Grazie alla tecnologia di genotipizzazione del DNA utilizzata, il test ha un'accuratezza del 99%.

Questo nuovo strumento diagnostico consente, quindi, di determinare la predisposizione individuale a sviluppare ipertensione arteriosa, di distinguere chi corre un maggiore o un minor rischio e quindi definire strategie di prevenzione personalizzata per ciascun paziente, di identificare la terapia più efficace per il controllo dei valori pressori minimizzandone gli effetti collaterali, di individuare nei famigliari i soggetti con rischio aumentato di ipertensione.

Ipertensione arteriosa: cause ed efficacia delle terapie oggi disponibili

L’ipertensione arteriosa nasce dall’effetto combinato di fattori genetici ereditari e di fattori ambientali, come lo stress, l’eccessiva introduzione di sale e l’obesità. Per tale motivo, per prevenire l’ipertensione si dovrebbero, da un lato, correggere i fattori ambientali, dall’altro, identificare gli individui geneticamente predisposti. Una familiarità positiva rappresenta, infatti, un riscontro frequente nei pazienti ipertesi, con un’ereditarietà stimata che varia tra il 35% e il 50% nella maggior parte degli studi.

Recenti dati clinici indicano che in Italia solo il 30-40% di pazienti affetti da ipertensione arteriosa in trattamento raggiunge valori pressori adeguati (140/90 mmHg) e circa il 70-80% dei pazienti affetti da ipertensione arteriosa richiede una terapia di associazione (terapia di combinazione) basata su almeno due classi di farmaci per ottenere tali valori.

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