XLH: serve approccio multidisciplinare

Dott.ssa Filomena Cetani: “Solo un approccio coordinato e completo può garantire una transizione più fluida dei pazienti dall'età pediatrica a quella adulta”

Milano – L’adolescenza è un’età difficile, per tutti. Quando si ha una malattia, per giunta rara, queste difficoltà, se non sono gestite correttamente, si amplificano con effetti importanti sulla salute mentale e fisica dei giovani pazienti. È il caso dell’ipofosfatemia legata all’X (XLH), una patologia genetica che può portare a gravi deformità e rachitismo, e che per questo incide profondamente sulla qualità di vita di chi ne è affetto e della sua famiglia.

Peraltro, anche la malattia cambia con il passare del tempo e per questo deve essere garantita una continuità della gestione del paziente capace di affrontare le esigenze specifiche delle diverse età. “La transizione dall'assistenza pediatrica a quella per adulti è un processo cruciale per i pazienti con XLH. È importante che venga pensato un piano di transizione individuale, che il paziente e la sua famiglia siano coinvolti attivamente nel processo decisionale, e che ci sia comunicazione e collaborazione efficaci tra i team di assistenza pediatrica e per adulti”, afferma la Dott.ssa Filomena Cetani, endocrinologa presso Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana. “Con un trattamento e un monitoraggio adeguati, la maggior parte delle persone con XLH può vivere una vita sana e produttiva”.

Con il sopraggiungere dell’adolescenza, i giovani pazienti e le loro famiglie devono affrontare molti cambiamenti. Dal punto di vista sanitario si passa da un ambiente pediatrico, più accogliente e centralizzato, a un sistema di assistenza più frammentato. “La carenza di comunicazione e di condivisione delle informazioni tra i diversi operatori può portare ritardi nella diagnosi di eventuali patologie concomitanti, nel trattamento e nel follow-up”, sottolinea la Dott.ssa Cetani. “C’è anche un cambiamento importante della gestione della malattia: i pazienti adulti assumono la responsabilità autonoma della somministrazione dei farmaci, del monitoraggio dei livelli di fosforo e calcio e della gestione delle complicanze”. Fondamentale diventa quindi l’istruzione e il supporto da parte degli operatori sanitari in modo che questa autonomia non influenzi negativamente l’andamento della malattia.

Con l’avanzare dell’età, poi, i pazienti con XLH possono sperimentare nuove complicanze legate alla loro malattia - per esempio problemi renali, osteoartrite, sintomi muscoloscheletrici - che richiedono un monitoraggio e una gestione attenta da parte dei medici specializzati nella cura dell'XLH negli adulti. “Per superare queste sfide, è necessario un approccio multidisciplinare che coinvolga diverse figure sanitarie, quali pediatri, medici di medicina generale, specialisti quali endocrinologi, reumatologi, internisti, nefrologi, chirurghi ortopedici, genetisti, dentisti, neurochirurghi, radiologi, fisiatri, fisioterapisti, psicologi”, specifica la Dott.ssa Cetani. “Solo un approccio coordinato e completo può garantire una transizione più fluida e positiva per i pazienti con XLH dall'età pediatrica all'età adulta, migliorando così la loro qualità della vita e i loro risultati di salute a lungo termine. Un aiuto in questo senso può venire dalla collaborazione con le associazioni di pazienti”.

Con il passaggio all’età adulta cambia anche l’obiettivo della terapia. Nei bambini si cerca di promuovere una crescita e uno sviluppo osseo normali, di prevenire o correggere le deformità ossee, di alleviare il dolore e migliorare la funzione fisica, di ottimizzare la densità minerale ossea. Negli adulti, invece, lo scopo della terapia è mantenere la forza e la funzione ossea, prevenire le fratture, gestire il dolore e la rigidità articolare, migliorare la qualità della vita. In entrambi i casi il farmaco burosumab ha mostrato la sua efficacia: questo anticorpo monoclonale ricombinante, che si lega specificamente al fattore di crescita dei fibroblasti 23 (FGF23) inibendone l’attività, ha evidenziato un aumento della fosforemia e dell’assorbimento renale di fosfato (Tmp/GFR) nei bambini (di età ≥1 anno) e negli adulti con XLH, come dimostrato da studi clinici di Fase II e di Fase III. Inoltre, il burosumab ha evidenziato una riduzione significativa della fosfatasi alcalina nei bambini e un aumento dei marcatori di rimodellamento osseo, sia di neoformazione (come il P1NP e la fosfatasi alcalina ossea) che di riassorbimento (quale il CTX).

Nei pazienti affetti da XLH, il farmaco ha dimostrato di ridurre la deformità degli arti inferiori e la gravità generale del rachitismo in base al punteggio RGI-C, uno score utilizzato per quantificare i miglioramenti radiografici durante la terapia. Inoltre, ha dimostrato di indurre miglioramenti nella funzionalità fisica, per esempio nella capacità di deambulazione, come attesta il miglioramento in termini di distanza percorsa misurata con il 6MWT, un test pratico che misura quanto a lungo può camminare un paziente in 6 minuti di tempo su una superficie premisurata pianeggiante rigida”, conclude la Dott.ssa Cetani. “I risultati sono evidenti non solo nei bambini ma anche nei pazienti adulti, come dimostrano gli studi di Fase III. I risultati mettono in luce un miglioramento in termini di parametri clinici di dolore, rigidità e funzionalità fisica, analizzati tramite questionari autosomministrati ai pazienti. Si è osservato anche un miglioramento della distanza totale percorsa misurata con il 6MWT”.

“Guidati dalla nostra mission “Make People Smile”, rispondiamo alle esigenze dei pazienti e delle loro famiglie, con l’auspicio di permettere loro di sorridere”, afferma Claudia Coscia, Cluster General Manager Southern Europe di Kyowa Kirin, l’azienda produttrice del farmaco burosumab. “Poniamo il paziente al centro di tutto ciò che facciamo quotidianamente, per soddisfarne i bisogni e migliorarne la qualità di vita. Crediamo fortemente che sia importante supportare la formazione scientifica degli specialisti coinvolti nel team multidisciplinare dedicato alla gestione delle persone affette da XLH, attraverso progetti di elevato valore scientifico, che permettano confronti basati sulla condivisione di esperienze cliniche focalizzate anche sulla transizione dall’età pediatrica a quella adulta”.

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