Stampa

La relazione sonno – Malattia di Parkinson è complessa per le reciproche influenze spesso negative fra queste due condizioni. Varie indagini suggeriscono che disturbi del sonno sono presenti in almeno il 60-90 per cento dei parkinsoniani. La riduzione della mobilità e la rigidità sono i problemi che maggiormente condizionano addormentamento e risvegli frequenti, mentre un effetto positivo è il beneficio del sonno sulla sintomatologia. Questo fenomeno, ben noto da molti anni, è stato solo recentemente studiato ed è risultato presente al risveglio nel 10-20 per cento dei pazienti con una storia di malattia non molto lunga. Inevitabilmente un sonno notturno non soddisfacente e frammentato determina sonnolenza diurna, che in qualche caso può essere accentuata dalla terapia dopaminergica: levodopa e dopaminoagonisti possono avere effetti variabili sul sonno notturno inducendo insonnia all’inizio della malattia e migliorando la qualità del sonno nelle fasi più avanzate, ma possono anche provocare sonnolenza diurna.

Il sonno normale è una successione ciclica di due differenti stati - il sonno quieto o nonREM ed il sonno attivo o REM. Il sonno nonREM è costituito da 4 stadi, i primi due (I e II) denominati sonno leggero e gli ultimi due (III-IV) sonno profondo o sonno con onde lente. Il sonno profondo è ristorativo e caratterizzato da incremento delle sintesi proteiche neuronali, quello REM è instabile e caratterizzato da un aumento del metabolismo energetico neuronale.
L’attività motoria durante il sonno si presenta sotto forma di rilassamento o contrazione. Nel sonno nonREM il rilassamento aumenta con la profondità del sonno mentre le contrazioni muscolari sono rappresentate da scosse miocloniche all’inizio del sonno e durante le variazioni posturali che accompagnano i cambiamenti di stadio del sonno. Nel sonno REM coesistono attività inibitorie ed eccitatorie. L’iperpolarizzazione dei motoneuroni attraverso i potenziali postsinaptici inibitori originati nei nuclei del ponte e del bulbo, determina l’atonia motoria tipica del sonno REM. Quando il tono inibitorio della via motoria è al massimo livello, si attivano a livello massimale la corteccia sensorimotoria, il nucleo rosso ed i circuiti cerebellari generando i sogni tipici del sonno REM.
I dati iniziali e pionieristici della neurochimica del sonno suggerivano un coinvolgimento della dopamina unicamente nei meccanismi di risveglio, mentre oggi si ritiene che essa sia particolarmente importante anche per il controllo del sonno REM.

Per studiare il sonno nell’uomo ci si avvale di metodi oggettivi o di questionari. Il gold standard è rappresentato dallo studio poligrafico condotto nel laboratorio del sonno: al soggetto sono applicati vari elettrodi di superficie per la registrazione EEG, per la registrazione dei movimenti oculari e per l'elettromiografia di superficie. E’ possibile rappresentare in un grafico, detto ipnogramma, la successione degli stadi del sonno e degli eventuali periodi di veglia durante la notte.
Complementare alla valutazione del sonno notturno è la valutazione della vigilanza durante il giorno che si può ottenere con questionari, test di attenzione e tecniche elettrofisiologiche.

Le alterazioni neuropatologiche della Malattia di Parkinson interessano strutture anatomo-chimiche coinvolte nella modulazione del ciclo sonno-veglia e d’altra parte i farmaci antiparkinsoniani interagiscono con le medesime strutture e sono quindi potenzialmente in grado di modificare lo stesso ciclo sonno-veglia.
Si distinguono due gruppi principali di disturbi del sonno nella Malattia di Parkinson:
* alterazioni del sonno notturno che comprendono insonnia e parasonnie
* alterazioni della veglia rappresentate da ipersonnia o eccessiva sonnolenza diurna

Insonnia: è il più comune disturbo del sonno nella popolazione generale e nella Malattia di Parkinson; può essere costituita da difficoltà nell’addormentamento, frammentazione del sonno, risveglio precoce sia isolati che in combinazione. La sindrome delle gambe senza riposo (RLS) è caratterizzata dalla comparsa di sensazioni sgradevoli localizzate all’interno delle gambe e dei piedi, che insorgono nelle ore serali e soprattutto durante l’addormentamento. La sensazione dolorosa provoca una necessità incontrollabile di muovere le gambe e costringe il paziente ad alzarsi dal letto. Questo disturbo provoca un’insonnia ed interessa in modo particolare la prima parte della notte. I movimenti periodici degli arti inferiori durante il sonno (PLMs) sono costituiti da una ritmica estensione spesso unilaterale dell’alluce associata a dorsiflessione del piede con occasionale flessione di ginocchio e coscia, di durata variabile fra 0,5 e 5 secondi e con frequenza di 1/20-40  secondi. Compaiono nella prima metà della notte e possono svegliare il paziente. La loro frequenza aumenta nettamente con l’età e benché riportati come presenti in un terzo dei pazienti parkinsoniani, sono presenti in molti anziani asintomatici con prevalenze analoghe. Spesso i PLMs si associano alla RLS sia nell’anziano non parkinsoniano che nei pazienti con Malattia di Parkinson; d’altra parte entrambe queste condizioni rispondono alla terapia dopaminergica indicando una comune patogenesi.

Parasonnie: comprendono sogni vividi, incubi, allucinazioni notturne, sonnambulismo e disturbi comportamentali del sonno REM o REM behavior disorders degli anglosassoni(RBD); sono frequenti nella Malattia di Parkinson e nei parkinsonismi primari ma non esistono accurati studi epidemiologici al riguardo. Gli RBD sono caratterizzati dalla mancata comparsa dell’atonia muscolare caratteristica del sonno REM, con messa in atto di contenuti onirici e presenza di attività motoria complessa associata ad aggressività verso se stessi o il partner. La diagnosi differenziale con gli incubi è agevole perché questi ultimi non si accompagnano a comportamenti motori.
Gli incubi rappresentano un risveglio comportamentale durante il sonno profondo: si verificano generalmente nella prima parte della notte e si esprimono con una sensazione oppressiva sul torace, impressione di soffocare e impellente bisogno di chiedere aiuto. Gli incubi possono essere provocati dai farmaci dopaminergici e spesso rappresentano il primo stadio della psicosi dopaminergica.

Ipersonnia o eccessiva sonnolenza diurna: non è un fenomeno ben definito e nell’anziano un sonnellino diurno è considerato normale. Vari studi hanno tuttavia evidenziato che metà dei pazienti con Malattia di Parkinson lamentano sonnolenza diurna. I colpi di sonno descritti per la prima volta nel 1999 ed inizialmente attribuiti ai nuovi dopaminoagonisti pramipexolo e ropinirolo, sono stati riportati seppur con minore frequenza anche per gli altri dopaminoagonisti e per la levodopa e sono nel complesso abbastanza rari. Si tratta di attacchi di sonno incoercibile che possono verificarsi anche alla guida di un’autovettura, ma più spesso guardando la televisione oppure in una sala d’attesa; sono associati alla sonnolenza diurna ed il soggetto generalmente non conserva il ricordo del momento dell’addormentamento.
Nel complesso gli studi più recenti hanno inequivocabilmente dimostrato che i disturbi del sonno nei parkinsoniani sono qualitativamente e quantitativamente maggiormente espressi rispetto agli anziani sani. Le principali cause di questi disturbi sono rappresentati dalla Malattia di Parkinson, da comorbilità medica e psichiatrica e dai farmaci antiparkinsoniani.

DIAGNOSI E TRATTAMENTO DEL DISTURBO DEL SONNO

Una volta diagnosticato, il disturbo del sonno nella Malattia di Parkinson può essere trattato con misure non farmacologiche o farmacologiche. Per quanto riguarda l’insonnia occorre anzitutto comprendere se si tratti di una forma primaria oppure di un’insonnia secondaria a disturbi psichiatrici come depressione ed ansia, alla Malattia di Parkinson per sé o infine ad altre patologie internistiche in comorbilità (disturbi respiratori, reflusso gastro-esofageo ecc.).
L’insonnia, specie nelle forme più lievi e transitorie, talvolta risponde ad alcune semplici misure di igiene del sonno quali: esercizio fisico, terapie di rilassamento, bagno caldo 1-2 ore prima di coricarsi, lettura di un libro al momento di coricarsi, mantenimento di una temperatura ambientale di pieno comfort.
La terapia farmacologica dell’insonnia prevede l’impiego di benzodiazepine oppure ipnoinducenti a struttura non benzodiazepinica nei casi in cui l’insonnia sia espressione temporanea di un disturbo di adattamento e/o d’ansia. Quando è presente una depressione e l’insonnia si caratterizza per il tipico risveglio centrale o precoce, occorre associare un trattamento con antidepressivi.
Se l’insonnia è dovuta ad un’accentuazione notturna dei sintomi parkinsoniani per iniziale fenomeno di wearing off, la levodopa a rilascio controllato e/o un dopaminoagonista, possono avere un  effetto positivo. Il trattamento della sonnolenza diurna non provocata da disturbi del sonno notturno, prevede la riduzione del dosaggio fino alla sospensione dei farmaci con maggior effetto sedativo come i dopaminoagonisti.
La presenza di incubi o allucinazioni durante la notte prevede la sospensione di selegilina, amantadina e dopaminoagonisti e l’aggiunta di basse dosi di clozapina.

Questo sito utilizza cookies per il suo funzionamento. Maggiori informazioni