A Tor Vergata si programma una sperimentazione con le mesenchimiali

Un recente studio italiano, pubblicato sull’ European Resipratory Journal, ha indagato le potenzialità delle cellule staminali embrionali epiteliali per il trattamento della Fibrosi Polmonare idiopatica (IPF). Lo studio, condotto dal prof. Cesare Saltini e con il team di ricerca del Centro di Genetica Medica del Prof Giuseppe Novelli all’Università di Tor Vergata di Roma, ha sperimentato sul modello animale le potenzialità rigenerative e antinfiammatorie delle cellule staminali sulla malattia polmonare.

I topi così trattati hanno mostrato una rigenerazione polmonare.  Il prof. Saltini ci ha spiegato che difficilmente in Italia questo tipo di sperimentazione potrà essere immediatamente trasportata sui pazienti umani, a causa delle problematiche di carattere etico legate all’utilizzo delle cellule staminali embrionali. Ci ha però spiegato che esiste un’altra via percorribile che interessa le cellule staminali mesenchimali (cellule staminali adulte, più facilmente gestibili). “Esiste uno studio in corso che utilizza le cellule staminali mesenchimali, estratte dal tessuto adiposo sottocutaneo, sui pazienti affetti da Fibrosi Polmonare Idiopatica. Queste cellule agiscono da immunosoppressori riducendo lo stato infiammatorio dei pazienti. Questa potrebbe essere una nuova prospettiva ed abbiamo in corso la programmazione di una sperimentazione in collaborazione con il Prof . Valerio Cervelli  , della Chirurgia Plastica di Tor Vergata.”

Ciò che invece attualmente è divenuto disponibile per il trattamento della IPF sono i nuovi farmaci: “Dopo dieci anni di sforzi finalmente cominciamo a vedere i risultati sulla sperimentazione farmacologica, e questo è un passo importante. Il Pirfenidone, un farmaco in grado di rallentare efficacemente la malattia è stato approvato dall’Agenzia Europea del Farmaco (EMA). Un altro farmaco, potenzialmente efficace è in fase avanzata di sperimentazione. Si tratta del BIBF11-20 (Vargatef), per i primi risultati pubblicati indicano un effetto dose dipendente sulla capacità del farmaco di rallentare la malattia e di prevenire le accelerazioni di malattia. Questi farmaci rallentano la progressione della malattia, aumentando le reali prospettive di cura dei pazienti.”

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