Per le persone affette dalla malattia di Steinert, nota anche come distrofia miotonica tipo 1 (DM1), c’è una nuova prospettiva terapeutica per contrastare  la perdita di forza e la lentezza nel rilassamento muscolare. Una notizia rilevante visto che attualmente per questa malattia non ci sono farmaci orfani appositamente approvati. La nuova opzione potrebbe venire da un farmaco già noto, la mexiletina, un analogo della lidocaina che ha un uso piuttosto comune come antiaritmico. Uno studio americano condotto all’ Università di Rochester e appena pubblicato su Neurology ha infatti mostrato i risultati incoraggianti di due studi randomizzati condotti per determinare se questo farmaco possa essere sicuro ed efficace nel ridurre la distrofia  miotonica di tipo 1, come alcuni studi preliminari sembravano aver indicato.

Effettivamente, stando ai risultati dei due studi, gli esiti di questa sperimentazione sembrerebbero essere promettenti da entrambe i punti di vista. Sui pazienti il farmaco è stato provato in diversi dosaggi: sia a 150 mg per 3 volte al giorno sia a 200 mg sempre per tre volte al giorno per un periodo di sette settimane.
Dal punto di vista della tollerabilità questi trattamenti prolungati, sia nell’uno che nell’altro dosaggio, non si sono associati ad effetti avversi gravi. Dal punto di vista dell’efficacia, inoltre, il farmaco sembra essere in grado di ridurre il tempo di rilassamento muscolare, che generalmente nelle persone affette da questa malattia è troppo lungo e causa difficoltà nell’eseguire movimenti utili nella vita quotidiana. La distrofia miotonica tipo 1 però, oltre alla perdita di forze, causa anche altri problemi.
Si tratta infatti di una malattia che produce danni in vari organi, come aritmia e/o disturbi della conduzione cardiaca, cataratta, endocrinopatie, disturbi del sonno e calvizie. La forma più comune è quella con esordio in età adulta ma ne esiste anche una forma più rara che si manifesta nell’infanzia in genere con sintomi più gravi e progressione veloce. La malattia si associa a mutazioni di un locus sul cromosoma 19q13-2 (ripetizione anomala della tripletta CTG). La trasmissione è autosomica dominante e può verificarsi anticipazione, cioè la tendenza a manifestarsi sempre più precocemente e in forma sempre più grave di generazione in generazione. Le aspettative di vita sono limitate dall'alta mortalità associata alle complicazioni cardiache e polmonari.



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